Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti
Per le cessioni di immobili o di aziende, nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali su di essi, ai fini IRPEF, IRES ed IRAP, l’esistenza di un maggior valore non può più essere presunta soltanto sulla base del valore anche se dichiarato o accertato ai fini dell’imposta di registro ovvero delle imposte ipocatastali.
E’ quanto prevede il Decreto crescita e internalizzazione (art. 5, co. 3, D.lgs.147/2015), che con norma di interpretazione autentica ha risolto una questione assai dibattuta in dottrina e giurisprudenza.
La questione – La corte di Cassazione più volte si era espressa sulla questione, ritenendo legittima la rettifica della plusvalenza da cessione di azienda in base al maggior valore dichiarato ai fini dell’imposta di registro. Era onere del contribuente dare prova contraria.
Nell’esprimerne tale posizione né la giurisprudenza né l’Amministrazione Finanziaria tenevano conto dei diversi metodi di calcolo della base imponibile ai fini delle imposte dirette e ai fini dell’imposta di registro. Mentre ai fini delle imposte dirette ciò che conta è il corrispettivo stabilito dalle parti, ai fini dell’imposta di registro si fa riferimento al valore venale in comune commercio. Il primo un dato certo risultante dalle disposizioni negoziali, l’altro invece un dato presuntivo che si base sulla individuazione del prezzo che sarebbe stato applicato in normali condizioni di mercato. Che quest’ultimo sia un dato discrezionale non v’è dubbio. Ecco allora che i due parametri non possono essere messi a confronto: si tratterebbe di misurare due fattispecie diverse con gli stessi criteri.
I valori OMI e l’accertamento ai fini dell’imposta di registro – A complicare la situazione, la definizione del valore venale in comune commercio, che originariamente avveniva da parte dell’Amministrazione Finanziaria facendo riferimento esclusivo ai valori OMI (Osservatorio del Mercato immobiliare). Per fortuna la Cassazione ha rotto il collegamento diretto tra dati OMI e valore venale in comune commercio.
Interpretazione poi adottata dall’Amministrazione Finanziaria nella C.M. 18/E/2010, laddove l’Agenzia, recependo modifiche normative risalenti al 2008, ha riconosciuto che lo scostamento dei corrispettivi dichiarati per le cessioni di beni immobili rispetto al valore normale (valore OMI) rappresenta un elemento presuntivo semplice, e indirizzando gli uffici, con riferimento alle controversie pendenti, a valutare se le motivazioni degli accertamenti impugnati si dimostrino comunque adeguate o se, invece, si rivelino insufficienti così da richiedere l’abbandono del contenzioso in corso.
In altri termini, il solo discostamento del corrispettivo dai valori OMI non era stato ritenuto sufficiente per l’accertamento, ritenendo necessari anche ulteriori elementi presuntivi idonei ad integrare la prova della pretesa (quali, a titolo meramente esemplificativo, il valore del mutuo qualora di importo superiore a quello della compravendita, i prezzi che emergono dagli accertamenti effettuati con la ricostruzione dei ricavi sulla base delle risultanze delle indagini finanziarie, i prezzi che emergono da precedenti atti di compravendita del medesimo immobile). Questa interpretazione viene ora promossa a legge ad opera del Decreto crescita e internalizzazione.