Le valutazioni nel falso in bilancio secondo il Massimario della Cassazione

Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti

Con l’entrata in vigore della Legge 27/05/2015, n. 69, recante “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”, le false comunicazioni sociali hanno cambiato radicalmente impostazione.

Trattasi, in sostanza, di una riforma epocale che introduce un regime punitivo assai più severo, configurando tutte le fattispecie di mendacio come delitti, in aperta antitesi rispetto al falso in bilancio risultante dalla precedente riforma del 2002.

La condotta punita.L’art. 2621 c.c., come sostituito dall’art. 9, comma 1 della Legge 69/2015, disciplina il delitto di false comunicazioni sociali; la nuova previsione, che opera in via residuale al di fuori delle fattispecie disciplinate dalla disposizioni successive, prevede due diverse configurazioni nella condotta criminosa:

  • esposizione nelle comunicazioni sociali fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero;
  • omissione nei medesimi documenti fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene.

Secondo una lettura “tradizionale” della disposizione in commento, nella nozione di “fatto materiale” (oggetto dell’esposizione nelle comunicazioni sociali) dovrebbero rientrare i dati oggettivi che attengono alla realtà economica, patrimoniale e finanziaria della società o del gruppo cui essa appartiene.

In antitesi con tale categoria di elementi, emergono le “valutazioni” che, stando alla lettera della norma, resterebbero escluse dall’ambito penale; in tale categoria si ricomprendono di norma le scelte soggettive riconducibili entro parametri certi. La revisione operata dal D.Lgs n. 69/2015 sembrerebbe pertanto escludere definitivamente la rilevanza penale delle valutazioni, che sfuggono alle logiche della materialità di un fatto non rispondente al vero.

Le valutazioni secondo l’Ufficio del Massimario. Nella relazione n. 3 redatta il 15 ottobre scorso per la V Sezione Penale, l’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione affronta il tema nelle “nuove” false comunicazioni sociali, fornendo una chiave di lettura in controtendenza rispetto all’orientamento espresso nella sentenza n. 33774 del 16/06/2015 della medesima sezione penale (citata al punto 2.3 della relazione); in tale ultima pronuncia, la Suprema Corte ritiene prive di rilevanza penale le valutazioni, alla luce del revisionato sistema del mendacio societario, che ha comportato la soppressione dell’inciso (presente nella precedente versione della norma) “ancorché oggetto di valutazioni”.

La relazione, in particolare, evidenzia come, secondo la dottrina predominante, “il bilancio è costituito quasi del tutto da valutazioni e si basa su un metodo convenzionale di rappresentazione numerica dei fatti attinenti alla gestione dell’impresa; la maggior parte dei numeri che devono essere appostati in bilancio si riferisce non a grandezze certe, bensì solo stimate; è quindi ineludibile la rilevanza penale della valutazione degli elementi di bilancio, essendo la sua funzione principale quella di indicare il valore del patrimonio sociale al fine di proteggere i terzi che entrano in rapporto con la società, e costituendo il patrimonio sociale la garanzia per i creditori (e più in generale la misura di questa garanzia per i terzi); nonché per i soci (soprattutto di minoranza) lo strumento legale di informazione contabile sull’andamento della compagine sociale”.

In conclusione, l’Ufficio del Massimario appare confermare la rilevanza penale delle valutazioni anche nella revisionata formulazione della norma, nei termini precisati nella relazione in commento; di conseguenza, la decisione circa la falsità di una valutazione di bilancio dovrà basarsi sul rispetto o meno dei criteri legali di redazione del bilancio; a corollario dell’interpretazione formulata nella medesima relazione, viene richiamata la pronuncia della Sezione V del 16/12/1994, n. 234, per la quale la veridicità o la falsità delle componenti del bilancio va valutata in relazione alla loro corrispondenza ai criteri di legge e non alle enunciazioni “realistiche” con le quali vengono indicate.

Autore: Marco Brugnolo