Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti
Cassazione Tributaria, sentenza depositata il 25 novembre 2015
La concessione a titolo gratuito di un locale a uso foresteria concorre a formare il reddito da lavoro dipendente come “fringe benefits” – con conseguente necessità di operare le ritenute alla fonte – se la società non dimostra che il dipendente lo utilizza solo saltuariamente, ossia in occasione delle trasferte di lavoro.
È quanto emerge dalla sentenza n. 24007/15 della Sezione Tributaria della Cassazione.
La controversia ha riguardato un avviso di accertamento con cui l’Ufficio finanziario ha contestato a una società le omesse ritenute alla fonte – per circa 4mila euro – su pretesi compensi in natura e, segnatamente, per la concessione a titolo gratuito di locali uso foresteria in favore di un dipendente che rivestiva, nel periodo considerato, la carica di amministratore e legale rappresentate.
La contribuente società ha spiegato che l’immobile oggetto di controversia si trovava nel Comune di ubicazione della sede legale/amministrativa, mentre l’amministratore risiedeva in un’altra città; quindi lo stesso immobile era utilizzato dall’amministratore e legale rappresentate non in modo permanente, ma unicamente quando era necessaria la sua partecipazione alle riunioni o assemblee societarie.
Ebbene, le suddette argomentazioni difensive non hanno fatto breccia né presso i giudici di merito né presso la Suprema Corte, la quale infatti ha reso definitivo l’accertamento oggetto di controversia.
Nel caso di specie, la ripresa a tassazione per omesse ritenute alla fonte su compensi in natura (c.d. fringe benefits) si è fondata sul disposto dell’art. 48, comma 4, lett. c), del vecchio TUIR. Dal primo comma di detta disposizione emerge chiaramente l’esistenza di un principio di (sia pure tendenziale) onnicomprensiva riconducibilità alla sfera reddituale delle erogazioni a qualsiasi titolo corrisposte al dipendente, stante l’esplicito riferimento a “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”, cui nel successivo quarto comma, lett. c), segue, in particolare, il riferimento appunto all’ipotesi di “fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato”.
E allora, secondo la Suprema Corte, “contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, spetta non già all’amministrazione finanziaria, bensì al contribuente, l’onere di provare che, in concreto, le specifiche modalità di utilizzo a titolo gratuito di un immobile, in connessione al rapporto di lavoro, comportino una eccezione a quella previsione normativa generale”.
La CTR, nel caso in esame, ha correttamente fondato la decisione impugnata sulla mancanza di prova in ordine al concreto utilizzo dell’appartamento tenuto a disposizione dell’amministratore nella città di ubicazione della sede legale della società. Precisamente è mancata la prova in merito alla “specifica frequenza dell’utilizzo, per documentate necessità di trasferta del dipendente, nel periodo d’imposta in esame”, le quali sono rimaste in atti come “meramente assertive e del tutto imprecisate”.
Insomma, nulla da fare per la società ricorrente, cui non resta che pagare le spese del giudizio di legittimità.