Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti
Il dato di congruità dei ricavi o compensi dichiarati dal contribuente, rispetto allo studio di settore approvato con riferimento all’attività svolta, rende illegittimo l’accertamento basato sull’applicazione dei parametri.
È quanto ha sostenuto la Sezione Tributaria della Cassazione con la sentenza 23554 del 18 novembre 2015.
I giudici tributari del Palazzaccio hanno accolto il ricorso proposto da un contribuente esercente attività di trasporto merci su strada.
All’autotrasportatore, in applicazione dei parametri di cui al D.P.C.M. 29/01/1996, l’Ufficio finanziario aveva contestato maggiori ricavi, con conseguente rideterminazione di quanto dovuto a fini IRPEF e contributo SSN, nonché IVA per l’anno d’imposta 1996.
La rettifica del reddito d’impresa sulla base dei presunti maggiori ricavi è stata avvalorata dalla CTR del Lazio perché, a suo parere, il contribuente, né in sede di contraddittorio endoprocedimentale né in sede processuale, aveva fornito elementi sufficienti a screditare l’operato dell’Ufficio finanziario.
Ebbene, ad avviso della Suprema Corte il contribuente ha lamentato a buon diritto la violazione e falsa applicazione di legge laddove la CTR, nonostante le specifiche doglianze mosse sin dal primo grado di giudizio, non ha ritenuto, a fronte della pacifica congruità dell’attività agli studi di settore, “precluso o comunque superato” l’accertamento induttivo dell’Ufficio.
Il contribuente aveva evidenziato di essere congruo secondo i risultati degli studi di settore e tale circostanza non è stata smentita dall’Ufficio. In proposito gli ermellini hanno osservato che “il risultato di congruità emergente dall’applicazione dello studio di settore, stante la natura procedimentale di quest’ultimo, non può essere escluso ove applicato ad un anno anteriore, tanto più, come precisato da Cass. 8311/2013, a fronte di situazioni ordinarie, non essendo emerse situazioni contingenti, cioè correlate solo a determinate annualità d’imposta o eccezionali, cioè ad esempio di tipo economico”. E allora, secondo la S.C.: “Il dato di congruità dei ricavi o compensi dichiarati dal contribuente, rispetto allo studio di settore approvato con riferimento all’attività svolta, dato questo non contestato dall’Agenzia delle Entrate (come accertato in sentenza dalla CTR), valeva pertanto a rendere illegittimo l’accertamento basato sull’applicazione dei parametri”.
La Cassazione ha quindi deciso la causa nel merito, accogliendo il ricorso introduttivo del contribuente. Il fisco dovrà pagare le spese processuali del grado.