Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti
La semplificazione deve iniziare con il taglio delle liti e una vera sanatoria sulle cartelle di pagamento
Uffici e contribuenti devono evitare le liti inutili. Considerate le recenti novità introdotte in tema di contenzioso e riscossione, è indispensabile un colpo di spugna sul passato. E’ ora di fare pace e chiudere l’enorme contenzioso pendente che negli ultimi mesi è anche aumentato, a seguito della sentenza della Corte costituzionale 37 del 17 marzo 2015, che ha “azzerato” i dirigenti nominati senza concorso dall’agenzia delle Entrate. Così, gli amanti delle liti e del formalismo si appellano alla illegittimità degli atti firmati dai funzionari incaricati, con conseguente richiesta di nullità delle iscrizioni a ruolo. In verità, non è così, anche perché nella stessa sentenza della Corte costituzionale si fa riferimento al principio univoco e consolidato della Cassazione, in base al quale, per la legittimità degli atti, è sufficiente che gli stessi provengano e siano riferibili all’ufficio che li ha emanati. Per la Cassazione, sezione tributaria civile, sentenza 22810/15, udienza del 21 ottobre 2015, depositata il 9 novembre 2015, sono validi gli atti firmati dai dirigenti incaricati o da funzionari delegati. La nullità dell’atto, in quanto sottoscritto da un dirigente incaricato, deve essere eccepita in sede di presentazione del ricorso alla commissione tributaria provinciale. Dopo la sentenza dei giudici di legittimità, si sono però “sgonfiate” notevolmente le aspettative dei contribuenti che hanno intrapreso la strada del contenzioso. In ogni caso, per uffici e contribuenti, è arrivata l’ora di smetterla con i formalismi ingiustificati. La sostanza deve sempre prevalere sulla forma.
Rottamazione cartelle, chiusura liti pendenti e liti potenziali
E’ anche vero che il caos fiscale ha superato ogni limite di umana sopportazione. Tre possono essere le proposte per una vera semplificazione: definizione agevolata delle somme iscritte a ruolo, delle liti pendenti e delle liti potenziali. La sanatoria sulla riscossione consentirebbe anche di superare le polemiche sulle presunte “persecuzioni” di Equitalia e degli altri agenti della riscossione e di incrementare i recuperi dell’evasione da riscossione. Basti pensare che fra il 2000 e il 2012 il Fisco ha iscritto a ruolo importi per circa 807,7 miliardi di euro. Nello stesso periodo, cartelle per 193,1 miliardi sono state cancellate per varie ragioni, per esempio, perché il Fisco ha perso in giudizio contro il presunto debitore, ma gli altri 614,6 miliardi di crediti sono rimasti in piedi e solo 69 miliardi (l’11,2% del totale) sono stati incassati davvero. Il resto, 545 miliardi, è da incassare. Di queste somme, però, è certo che sarà impossibile recuperarne circa 150miliardi di euro, in quanto si tratta di somme a carico di contribuenti falliti. Dai restanti 390miliardi di euro, si dovranno togliere le somme a ruolo a carico di soggetti deceduti o eredi che hanno rinunciato all’eredità e altre somme a carico di contribuenti che non posseggono nulla. Considerato che le somme incassate da Equitalia nei primi sei mesi del 2014 sono di circa 3,7 miliardi di euro, ci vorrebbero 50 anni per incassare le somme iscritte a ruolo. Tenuto conto che di tutte le somme iscritte a ruolo, gli incassi difficilmente potranno arrivare al 5%, una soluzione potrebbe essere quella di riaprire la vecchia sanatoria di cui all’articolo 12 della legge 289/2002, cosiddetta rottamazione cartelle. La riapertura, con gli opportuni “aggiornamenti” sulle somme incluse in ruoli affidati agli agenti della riscossione entro il 30 giugno 2015, potrebbe essere consentita, pagando il 25% dell’importo iscritto a ruolo. Il forfait del 25% delle somme si potrebbe “estendere” anche ai debiti a ruolo per i contributi Inps e per gli altri debiti. Un’altra proposta potrebbe riguardare la riapertura della definizione delle liti pendenti, eliminando però il limite di 20mila euro, che era stato previsto per la precedente definizione che si è chiusa il 2 aprile 2012. Alla chiusura delle liti pendenti, si potrebbe infine “accompagnare” la definizione delle liti potenziali. Si potrebbero così definire gli accertamenti per i quali non sono scaduti i termini per il ricorso; gli inviti al contraddittorio per Iva, imposte dirette o altre imposte indirette; i processi verbali di constatazione, sia della Guardia di Finanza, sia degli uffici, relativamente ai quali non è stato notificato accertamento o ricevuto invito al contraddittorio.
Con la pace fiscale, soldi subito e stop alle liti
Le risorse, che potrebbero arrivare dalla pace fiscale, utili anche per agevolare il D. E. F., documento di economia e Finanza, avrebbero un duplice obiettivo: incassare subito un buon gettito, certo e definitivo, e ridurre notevolmente le liti pendenti. E’ anche vero che in alcuni casi le somme accertate sono esagerate e, con la definizione amichevole, l’incasso sarà sicuramente inferiore alle imposte contestate, ma tenere in vita il contenzioso costa tanto sia agli uffici, sia ai contribuenti, cioè alla collettività. Per il Governo, l’alternativa, oggi più che mai di grande attualità, è perciò quella solita: tanti, troppi soldi, forse mai, o pochi, maledetti e subito. Non si parla di condoni, ma di una tregua per chiudere le tante liti tra Fisco e contribuenti, con gli uffici dell’agenzia delle Entrate, che ormai sono al collasso con il contenzioso da gestire, che sta arrivando a cifre insostenibili che sfiora il milione delle liti pendenti. Soldi subito e basta litigare. Con buona pace per tutti e con benefici per i contribuenti e per le casse dell’erario.