Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti
Un legge di stabilità a due facce, quella che si sta delineando. Da un lato, infatti, si vuole innalzare il limite per l’uso del contante, portandolo da 1.000 a 3.000 euro, mentre, dall’altro si vuole abbassare il tetto attualmente previsto per i pagamenti con carte di debito, eliminando l’attuale limite dei 30 euro.
La situazione attuale
Dal 30 giugno 2014 è stato previsto l’obbligo, per imprenditori e professionisti, di accettare pagamenti di importi superiori a 30 euro con carte di debito.
Tuttavia, in mancanza di specifiche sanzioni, ad oggi, il professionista o l’imprenditore che non rispetta l’obbligo rischia soltanto la mora del creditore ai sensi dell’art. 1226 del Codice Civile.
In linea di massima, la mora del creditore impedisce a quest’ultimo di richiedere il pagamento degli interessi nel caso di tardivo pagamento, e consente altresì al debitore di chiedere il rimborso delle eventuali spese sostenute per la corresponsione degli importi.
Non si può quindi sicuramente parlare di vere e proprie sanzioni: ecco il motivo per il quale l’accettazione del pagamento con carte di debito è rimasto semplicemente un “obbligo sulla carta”, e a fronte di un aumento dei terminali disponibili (da 1,53 milioni nel 2013 a 1,8 milioni nel 2014) l’utilizzo della moneta elettronica non è assolutamente aumentato.
L’Italia rimane pertanto, ad oggi, ancora lontana dagli standard europei. Se infatti in Europa le transazioni complessive in contanti coprono solo il 65% di quelle totali, nel nostro Paese la percentuale sale all’83%
Le modifiche previste
Con una proposta di emendamento alla legge di stabilità, firmata dai deputati Boccadutri, Coppola, Bruno Bossio, Causi, Misiani, Losacco, Basso, Dallai, Ascani e Tentori, viene previsto un abbassamento del tetto dei 30 euro sotto il quale gli esercenti possono rifiutare ancora i pagamenti con carte di debito.
Qualora tale proposta dovesse trovare accoglimento, pertanto, anche tutti i micro-pagamenti, dal caffè al bar al giornale in edicola, potrebbero essere regolati per mezzo di strumenti elettronici di pagamento.
Le commissioni bancarie
Uno dei limiti alla diffusione della moneta elettronica è stato, da sempre, l’elevato costo delle transazioni.
Nel nostro Paese, infatti, le commissioni sono talmente elevate che anche l’Unione europea non ha mancato di evidenziare questo paradosso: è stato stimato, infatti, che la moneta elettronica costa ai rivenditori 10 miliardi di euro l’anno, e non va meglio per i clienti, che, oltre ai normali costi connessi alla carta di credito vedono spesso richiedersi degli ulteriori costi aggiuntivi.
Ecco il motivo per il quale, dal prossimo 9 dicembre è stato imposto dall’Unione europea un tetto massimo alle commissioni bancarie, pari allo 0,3% sul valore della singola transazione per le carte di credito e allo 0,2% per i bancomat e le prepagate.
Come chiarito però dall’Associazione bancaria italiana non può essere ancora cantata vittoria: l’applicazione dei nuovi massimali potrebbero infatti portare ad un aumento di costi per i consumatori.
Un cane che si morde la coda, quindi, e che rischia di vedere l’Italia ancora come la “patria del contante”.
Ecco il motivo per il quale, con l’emendamento alla legge di stabilità è stato altresì previsto che, entro il mese di aprile 2016, i gestori delle carte di pagamento dovranno definire le regole e le misure contrattuali per regolare i micropagamenti e le commissioni, le quali dovranno essere altresì proporzionali ai costi effettivamente sostenuti dai prestatori dei servizi di pagamento.
In caso di mancato adeguamento scatterà il limite legale dei 7 millesimi per i pagamenti con carte di debito e di 1 centesimo per quelli con carte di credito.