Regime forfettario e attività escluse: continua a pagarne anche la seconda attività

 Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti

Premessa – il DDL di Stabilità 2016, definitivamente approvato (e quindi diventato legge) cambia ancora una volta il regime IVA agevolato dei minimi (forfettario dal 2015).

E’ possibile parlare di un vero e proprio mix tra quello che era il “vecchio regime dei minimi” (con aliquota del 5%) e il nuovo “regime forfettario” introdotto dalla Legge di stabilità 2015 (con aliquota del 15%).

Con la nuova manovra 2016, è, infatti, è innalzata di 15.000 (quindi si passa da 15.000 a 30.000 euro) la soglia di ricavi per l’accesso al regime per i liberi professionisti (per le altre categorie l’incremento della soglia è di 10.000 euro) ed è ridotta al 5% l’aliquota sostitutiva (in luogo del 15%) per i primi 5 anni di attività. Restano invece fermi gli altri requisiti di accesso (la spesa in un anno per dipendenti e collaboratori non deve superare i 5.000 euro lordi e non deve essere oltrepassata la soglia relativa all’acquisto di beni strumentali, fissata in 20.000 euro in un anno).

Inoltre, per chi, oltre all’attività di impresa, arte e professione esercitasse anche l’attività di lavoro dipendente, mentre la Legge di stabilità del 2015 prevedeva l’esclusione dal regime qualora i redditi da lavoro dipendente superassero i redditi d’impresa, arte e professione e contemporaneamente la somma dei redditi derivanti da attività professionale e dipendente eccedesse i 20.000 euro, la Legge di stabilità 2016 stabilisce, invece, che non può accedere al regime il contribuente che abbia conseguito, nell’anno precedente a quello in cui intende avvalersi del regime forfettario, un reddito da lavoro dipendente o assimilato superiore a 30.000 euro (salvo il caso in cui il lavoro dipendente risulti cessato).

Le attività che continuano ad esserne escluse – Continuano a restare “ex lege” esclusi dal regime agevolato in questione i soggetti che si avvalgono di regimi speciali IVA o di regimi forfetari del reddito (Risoluzione n. 73/E/2007). In particolare si tratta dei soggetti esercenti le seguenti attività: agricoltura e attività connesse e pesca; vendita sali e tabacchi; commercio dei fiammiferi; editoria; gestione di servizi di telefonia pubblica; rivendita di documenti di trasporto pubblico e di sosta; intrattenimenti, giochi e altre attività di cui alla tariffa allegata al D.P.R. n. 640/72; agenzie di viaggi e turismo; agriturismo; vendite a domicilio; rivendita di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione; agenzie di vendite all’asta di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione.

Sulla base di quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la successiva Circolare n. 7/E/2008 e in mancanza di successivi orientamenti, è da continuare a ritenersi valido, anche per il nuovo regime forfettario, quanto precisato nelle predetta circolare per i “vecchi minimi”. In particolare, quindi, un soggetto che esercita un’attività per cui è precluso l’accesso al regime forfettario (ad esempio agenzia di viaggi) non potrà avvalersi del regime forfettario nemmeno per una seconda attività che decidesse esercitare (ad esempio formatore per tour operetor). Infatti nella circolare, l’amministrazione finanziaria in risposta ad un quesito inerente affermava che “l’esercizio di una delle attività escluse, perché soggette ad un regime speciale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, comporta che il contribuente non potrà avvalersi del regime dei minimi neppure per le ulteriori attività di impresa o di lavoro autonomo eventualmente esercitate. In altri termini, l’esercizio di un’attività soggetta a regime speciale IVA, espressiva ai fini IRPEF di un reddito d’impresa, impedisce di avvalersi del regime dei minimi, non solo per il trattamento di tale attività, ma anche per le ulteriori attività di impresa, arte o professione”.

Nella stessa circolare l’Agenzia delle Entrate riporta, quindi a titolo esemplificativo, che l’esercente, una rivendita di tabacchi non potrà avvalersi del regime dei minimi per la stessa attività di rivendita tabacchi né per la connessa gestione del bar, a nulla rilevando che l’ammontare complessivo dei corrispettivi, riferito ad entrambe le attività, non superi i 30.000 euro.

Autore: Pasquale Pirone