Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti
Il contribuente può rivolgere l’impugnazione contro il solo concessionario
Nel caso in cui sia impugnato un atto proprio dell’agente della riscossione facendo valere anche vizi afferenti all’attività dell’ente impositore cui l’atto impugnato si collega, ricade sull’agente della riscossione, non sul ricorrente, l’onere di chiamare in giudizio l’ente impositore.
È il principio di diritto tratto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che la Commissione Tributaria Provinciale di Enna ha posto a fondamento dell’accoglimento di un ricorso avverso una cartella di pagamento emessa a seguito di iscrizione a ruolo dell’Agenzia delle Entrate.
Nella sentenza n. 1318/01/15 la CTP di Enna cita l’insegnamento delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 16412/2007) secondo cui, nelle ipotesi in cui venga impugnato un atto proprio dell’agente della riscossione facendo valere anche vizi afferenti all’attività dell’ente impositore, la “legittimazione passiva resta in capo all’ente titolare del diritto di credito e non al concessionario il quale, se fatto destinatario dell’impugnazione, dovrà chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non trattandosi nella specie di vizi che riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi: l’enunciato principio di responsabilità esclude, come già detto, che il giudice debba ordinare ex officio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario”.
Inoltre, secondo Cass. (Sez. VI-T) 21220/12: “nel processo tributario, il fatto che il contribuente abbia individuato nel concessionario, piuttosto che nel titolare del credito tributario, il legittimato passivo, nei cui confronti dirigere l’impugnazione, non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore, onere che, tuttavia, grava sul convenuto, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio”.
E allora la CTP di Enna è giunta alla conclusione che, nel caso di specie, spettava all’Agente della riscossione chiamare in causa l’Agenzia delle Entrate “al fine di consentire a quest’ultima di dimostrare, in replica all’eccezione dl ricorrente, che il ruolo dal quale scaturisce la cartella impugnata era stato reso esecutivo giusta sottoscrizione da parte del titolare dell’ufficio ovvero di un suo delegato, con la conseguenza che dell’esito della lite non può che rispondere solo l’Agente della Riscossione” e che la stessa (lite) “non può che essere sfavorevole all’agente, poiché in assenza di dimostrazione della corretta sottoscrizione de ruolo, l’impugnata cartella di pagamento deve ritenersi nulla”.
In buona sostanza, quindi, Equitalia avrebbe dovuto chiamare in causa l’Agenzia o, in alternativa, dimostrare la correttezza della sottoscrizione del ruolo: ma nel caso esaminato il concessionario non ha fatto né l’uno né l’altro. Dal che la declaratoria di nullità della cartella impugnata.