La responsabilità penale in determinati casi ricade sul nuovo manager

Risponde del reato di omesso versamento Iva il nuovo amministratore che subentra dopo la presentazione della dichiarazione firmata dal precedente rappresentante legale. A confermare questo principio è la Corte di cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 55482 depositata ieri.
Il fatto
L’amministratore di una Srl veniva condannato dal tribunale e dalla Corte di appello per il reato omesso versamento Iva.
L’imputato ricorreva in Cassazione e lamentava, tra l’altro, l’erronea applicazione della norma penale, poiché la corte territoriale aveva ravvisato la responsabilità del nuovo amministratore pur in assenza di prove.
Secondo la difesa, infatti, l’evasione sarebbe stata determinata dall’inserimento di alcune fatture intracomunitarie nel periodo in cui l’amministrazione della società era affidato ad altro soggetto. L’evasione, quindi, era già stata pianificata prima che l’imputato ricoprisse l’incarico di legale rappresentante.
La decisione
La Suprema corte ha ritenuto la doglianza infondata. I giudici di legittimità hanno innanzitutto rilevato che con l’accettazione della carica di amministratore il soggetto acquisisce contezza delle obbligazioni, anche tributarie, da adempiere. Ai fini della configurazione dell’elemento psicologico del reato di omesso versamento dell’Iva è sufficiente la coscienza e volontà di non versare all’Erario l’imposta.
Ne consegue così che risponde del delitto anche chi è subentrato nella carica di amministratore dopo la presentazione della dichiarazione e prima della scadenza dell’acconto.
La Cassazione ha così precisato che l’assunzione della carica di amministratore comporta la necessità di una minima verifica preventiva della contabilità, dei bilanci e delle ultime dichiarazioni dei redditi.
Chi omette tali riscontri sceglie di esporsi volontariamente alle conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze. A nulla rileva, come nella specie, che il subentro sia avvenuto dopo la presentazione della dichiarazione da cui emergeva il debito di imposta, in quanto il reato di omesso versamento si consuma alla scadenza dell’acconto dell’anno successivo.
La decisione conferma l’orientamento espresso anche se, con la sentenza 30492/2015, la Suprema corte, ha operato un importante distinguo in base ai reati contestati: per i delitti di omessi versamenti a fronte di dichiarazioni predisposte da precedenti amministratori, il subentrante con un minimo di diligenza può facilmente verificare la sussistenza del debito di imposta non versato. Nell’ipotesi, invece, di reati dichiarativi ovvero per l’utilizzo di fatture false, è necessario che l’accusa provi la conoscenza da parte del nuovo soggetto delle violazioni contabili commesse in precedenza.
In ogni caso, appare opportuno che, nel momento in cui si assume la rappresentanza legale di una società di capitali, prudenzialmente venga posta in essere un’attività ricognitiva finalizzata a rilevare eventuali anomalie contabili e fiscali onde evitare, in futuro, contestazioni sull’operato altrui.
Fonte “Il sole 24 ore”