di Emanuele Reich e Franco Vernassa
Il credito d’imposta per l’attività di ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3, Dl 145/2013, oggetto di attuazione con il Dm 27 maggio 2015, deve trovare opportuna collocazione contabile nel bilancio 2017, dopo che sono state individuate le attività agevolabili dell’esercizio e sono stati tracciati i relativi costi eleggibili, che consentono la fruizione del beneficio qualora siano eccedenti rispetto alla media (fissa) del triennio 2012-2014.
In sintesi, una volta conteggiato l’ammontare del credito 2017, la società dovrà imputarlo a conto economico e commentarlo nella nota integrativa, mentre nella relazione sulla gestione dovrà illustrare le attività di ricerca e sviluppo nel loro complesso (si veda la scheda in pagina).
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, si consiglia alle società di spiegare in misura sufficientemente dettagliata i progetti di ricerca e sviluppo iniziati o continuati dagli esercizi precedenti, sia in misura qualitativa sia quantitativa, pur mantenendo la dovuta riservatezza.
In tale modo vi sarà coerenza informativa tra quanto indicato nella relazione sulla gestione e quanto inserito nell’apposito dossier di supporto al credito d’imposta.
In nota integrativa dovrà invece essere indicato e commentato sia l’importo iscritto nel conto economico quale contributo in conto esercizio (voceA5), come si verifica nella maggior parte dei casi, sia il credito verso l’erario quale contropartita patrimoniale CII5-bis «crediti tributari». Il credito sarà oggetto di utilizzo a partire dall’esercizio 2018, attraverso l’istituto della compensazione, che costituisce l’esclusiva modalità di utilizzo (anche nell’ambito del consolidato fiscale – quadro GN), tramite il modello F24 (codice tributo 6857). Il credito non è invece cedibile o rimborsabile.
Contabilmente, è invece necessario distinguere tra il trattamento dei costi di ricerca e sviluppo e la rilevazione del credito d’imposta. Per quanto riguarda il primo punto, l’agenzia delle Entrate ha chiarito che i costi sono agevolabili indipendentemente dal trattamento contabile e, quindi, dalla loro eventuale capitalizzazione, come previsto dall’Oic 24, paragrafo 49, secondo il quale i costi di sviluppo sono capitalizzabili solo in presenza di tre caratteristiche: essere relativi ad un prodotto o processo chiaramente definito, essere riferiti ad un progetto realizzabile ed essere recuperabili.
Oltre che tra i contributi in conto esercizio, il credito d’imposta può essere contabilizzato anche tra i contributi in conto capitale, se i costi sono stati contabilizzati tra le immobilizzazioni immateriali (dal 2016 in poi, come anticipato, ciò vale solo per i costi di sviluppo ed alle descritte condizioni).
Per quanto concerne la determinazione delle imposte Ires e Irap, si ricorda che il credito d’imposta non concorre a formare la base imponibile e quindi, se contabilizzato a conto economico, costituisce una variazione in diminuzione.
Gli obblighi documentali del credito per le attività di ricerca e sviluppo (articolo 7, Dm 27 maggio 2015 e prassi dell’agenzia delle Entrate) sono sostanzialmente i seguenti:
per le spese relative al personale, fogli di presenza nominativi, riportanti per ciascun giorno le ore impiegate nell’attività agevolabili, firmati dal legale rappresentante dell’impresa beneficiaria, ovvero dal responsabile dell’attività di ricerca e sviluppo, con possibilità di firma digitale;
per i costi per strumenti e attrezzature di laboratorio, una dichiarazione del legale rappresentante dell’impresa, ovvero del responsabile dell’attività di ricerca e sviluppo;
per i costi della ricerca extra-muros, i relativi contratti, con una relazione sottoscritta dai commissionari;
per le spese per privative industriali acquisite da terzi, i relativi contratti ed una relazione, firmata dal legale rappresentante dell’impresa beneficiaria ovvero dal responsabile dell’attività di ricerca e sviluppo, concernente le attività svolte nel periodo di imposta cui il costo sostenuto si riferisce.
Si ricorda anche che nell’ipotesi di produzione interna, nonché in relazione alle attività di sviluppo, mantenimento e accrescimento del bene immateriale, l’impresa avrà cura di predisporre un adeguato sistema di rilevazione dei costi sostenuti.
La documentazione sopra indicata, idonea a dimostrare in sede di controllo l’ammissibilità e l’effettività dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito d’imposta, deve essere conservata per il periodo previsto dall’articolo 43 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, e cioè fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale si conclude l’utilizzo del credito.
Fonte “Il sole 24 ore”