La metodologia di redazione dei supposti ricorsi «assemblati» o «imbottiti», che racchiudono una pluralità di documenti integralmente riprodotti all’interno del singolo ricorso, in carenza di una distinzione sintetica dei loro contenuti, non soddisfa la richiesta di schematica rielaborazione degli avvenimenti processuali contenuta nel codice di rito per il giudizio di cassazione, infrange il principio di sinteticità che deve uniformare l’intero processo e impedisce di intendere le problematiche della circostanza, comportando da dissimulazione delle informazioni concretamente rilevanti per le argomentazioni sviluppate, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza del ricorso stesso. A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione attraverso la sentenza n. 4155/2018, depositata in cancelleria il 21 febbraio 2018.
Con istanza risalente al 2008 una Spa ha richiesto all’agenzia delle Entrate il rimborso dei crediti di imposta Irap e Iva che l’ufficio, tuttavia, ha ritenuto di rigettare. Avverso il provvedimento di diniego di rimborso la Spa ha proposto ricorso dinanzi alla Ctp al quale l’agenzia delle Entrate si opposta.
La Ctp, con sentenza n. 19 del 29 gennaio 2010, ha accolto il ricorso dell’istante. Avverso la suddetta pronuncia l’agenzia delle Entrate ha proposto appello dinanzi alla Ctr al cui accoglimento si è opposta la Spa, la quale ha contestualmente richiesto la conferma della sentenza impugnata. La Ctr, tuttavia, ha respinto l’appello e di conseguenza l’amministrazione finanziaria ha ritenuto di proporre ricorso per Cassazione al quale la Spa ha resistito mediante controricorso.
A parere del collegio di legittimità, è risultata essere infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di sinteticità sollevata in udienza dal pubblico ministero, il quale ha rilevato che il ricorso è stato compilato con la tecnica del “conglomerato”, cioè con la riproduzione, senza alcuna selezione specifica dei contenuti rilevanti, di diversi documenti accolti nel fascicolo di merito in quanto, come statuito dalla Corte suprema, la tecnica di redazione dei cosiddetti ricorsi “assemblati” o “farciti” o “sandwich”, che implica una pluralità di documenti integralmente riprodotti all’interno del ricorso, in assenza di selezione sintetica dei loro contenuti, non soddisfa la richiesta di concisa rielaborazione delle vicende processuali contenuta nel codice di rito per il giudizio di cassazione, viola il principio di sinteticità che deve uniformare l’intero processo e impedisce di cogliere le problematiche della vicenda, comportando il “mascheramento” dei dati effettivamente rilevanti per le argomentazioni svolte, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza del ricorso stesso (Cassazione sentenza n. 18363 del 18/09/2015).
Nel caso di specie, tuttavia, i documenti riprodotti nel corpo del ricorso sono risultati facilmente individuabili e separabili dal restante contenuto del ricorso, che è pertanto riconducibile a dimensioni e contenuti rispettosi del canone di sinteticità previsto per il giudizio per Cassazione, e i motivi sono risultati adeguatamente formulati mediante la chiara enunciazione delle censure proposte (Cassazione Sentenza n. 12641 del 19/5/2017).