Così il patent box incontra il credito R&S

di Luigi Ferrajoli

Il credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo (R&S), come contenuto nel Piano Industria 4.0, e il patent box premiano le imprese che – in senso lato – investono nel settore dell’innovazione. Alla luce di questa finalità “comune”, tuttavia, è necessario analizzare i profili di convivenza, sovrapposizione ed eventuale conflitto delle due agevolazioni.

La circolare 5/E/2016 ha chiarito che il credito d’imposta R&S e il patent box rappresentano distinti strumenti sinergici: il primo opera attraverso il riconoscimento di un’agevolazione ancorata alla misura degli investimenti effettuati; il secondo garantisce la detassazione dei redditi prodotti in ragione dello sfruttamento di beni immateriali derivanti da attività di ricerca, sviluppo e accrescimento degli stessi, da perseguire e mantenere nel tempo.

Il ministero dello Sviluppo economico, con la circolare 59990 del 9 febbraio 2018 , ha fornito chiarimenti sulla disciplina del credito d’imposta R&S, proprio traendo le mosse dagli investimenti effettuati dalle imprese italiane nel settore hi-tech. Secondo il ministero, il software per la cui scoperta o implementazione viene chiesto il credito d’imposta deve essere portatore di un reale progresso scientifico e tecnologico; in particolare, deve essere funzionale alla risoluzione di una problematica su base sistematica. In altri termini, la circolare ministeriale ha escluso dall’agevolazione le attività di tipo ricorrente o di routine, quali ad esempio quelle che possono risolversi nel mero utilizzo di un software per una nuova applicazione o semplicemente per un nuovo scopo.

La locuzione «ricerca e sviluppo» contenuta nell’articolo 8 del Dm 28 novembre 2017 cita alla lettera d) «l’ideazione e la realizzazione del software protetto dal copyright». Il che pare rispondere a requisiti meno stringenti di quelli appena visti per il credito R&S. Di fatto, quando si tratta di stabilire se le innovazioni tecnologiche riferite all’evoluzione di un software possono beneficiare del patent box, il necessario elemento di novità sembra risolversi nelle procedure che portano al riconoscimento del copyright.

D’altra parte, l’Agenzia, con la risoluzione 28/E/2017 , aveva già preso posizione sull’applicazione del patent box in casi di utilizzo indiretto di un nuovo programma applicativo. Le Entrate erano state chiamate a rispondere a un’istanza di interpello presentata da una società che voleva applicare il patent box in un caso di software coperto da copyright concesso in uso in forma di licenza iniziale, con successivi canoni di assistenza e manutenzione. Partendo dal principio Ocse del nexus approach (quale necessario collegamento tra l’agevolazione e l’effettivo svolgimento di un’attività economica che si sostanzi nella ricerca e sviluppo), l’Agenzia ha escluso dal beneficio soltanto il novero delle attività che – profilandosi come mere operazioni di implementazione, aggiornamento e personalizzazione del programma – si risolvono in una forma puramente strumentale di utilizzo del software.

Fonte “Il sole 24 ore”