Cassazione Tributaria, sentenza depositata il 19 aprile 2018
La controversia riguarda una cartella di pagamento ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/73 emessa nei confronti di una S.r.l. che è cessata dopo l’emissione della sentenza che ha chiuso il secondo grado di giudizio. Poiché tale sentenza ha dato integralmente torto all’Agenzia delle entrate, la difesa erariale ha proposto impugnazione presso la Suprema Corte, notificando il ricorso sia al liquidatore sia agli (ex) soci, i quali si sono tutti costituiti nel giudizio di legittimità eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva.
Ebbene, gli Ermellini hanno accolto l’eccezione soltanto rispetto al liquidatore. Mentre, per la parte riguardante gli (ex) soci, il ricorso del Fisco è stato dichiarato ammissibile (oltreché fondato nel merito).
- I Massimi giudici non hanno ritenuto di alcuna rilevanza la prova fornita dai soci di non aver percepito nulla in sede di bilancio finale di liquidazione.
Gli Ermellini, con la sentenza in esame, prendono le distanze dal loro precedente orientamento (fra le altre, Cass. 23916/2016) secondo il quale «gli ex soci possono ritenersi subentrati nel lato passivo nel rapporto d’imposta solo se e nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione» e, inoltre, «l’accertamento di tali circostanze costituisce presupposto della assunzione, in capo al socio, della qualità di successore e, correlativamente, della legittimazione ad causam ai fini della prosecuzione del processo».
Al contrario, è corretto ritenere – come evidenziato dal più recente indirizzo giurisprudenziale in materia (Cass. n. 9094/2017, seguita da Cass. 15035/2017) che rinvia all’insegnamento delle Sezioni Unite (sentenze nn. 6070 e 6072 del 2013) – che:
- «i soci sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata (ma non definiti all’esito della cancellazione) a prescindere dall’aver goduto o meno di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione». E difatti la possibilità di sopravvenienze attive o anche semplicemente la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio «non consentono di escludere l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statistiche allo stato degli atti. E l’esistenza di questi beni o crediti comporta, come pure rilevato dalle Sezioni Unite, che tra i soci medesimi s’instauri “un regime di contitolarità e di comunione indivisa”».
Alla luce di questi rilievi, dunque, il ricorso di legittimità dell’Agenzia fiscale, nei confronti degli (ex) soci, è stato dichiarato ammissibile dal Supremo Collegio ed esaminato nel merito; esame che si è chiuso con il rinvio della causa alla CTR della Puglia, per nuovo giudizio, salvo che per le sanzioni irrogate. Gli Ermellini soltanto su questo punto hanno ritenuto di non poter condividere gli assunti dell’Amministrazione finanziaria, posto che, ex art. 8 D.lgs. n. 472/1997, le sanzioni non sono trasmissibili ai soci della società estinta«e ciò, a maggior ragione, a fronte del principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie introdotto dall’art. 7, comma 1, d.l. n. 269 del 2003, conv. nella l. n. 326 del 2003».