di Luigi Lovecchio
È possibile rottamare anche le pretese esclusivamente sanzionatorie, a condizione che rientrino tra quelle tributarie o contributive. In tale eventualità, la definizione potrebbe anche perfezionarsi a costo zero. È inoltre ammessa la scelta del carico da condonare, in presenza di una pluralità di debiti. Non è tuttavia possibile scindere la singola partita di ruolo, poiché essa rappresenta una unità indivisibile.
Nell’individuare le entrate definibili con la presentazione dell’istanza entro il prossimo 15 maggio, occorre ricordare che la regola è che tutto è condonabile con le sole eccezioni tassativamente previste nell’articolo 6, comma 10, del Dl 193/16. Ad esse si aggiungono le entrate appartenenti ad altri Stati Ue affidate all’agente della riscossione in forza degli accordi internazionali sul recupero coattivo dei tributi. Una delle eccezioni di maggior rilievo riguarda le sanzioni di natura diversa da quella tributaria e contributiva. Le multe stradali sono un caso a sé. Per esse la definizione comporta l’azzeramento degli interessi moratori e delle maggiorazioni di legge, mentre resta dovuta la sorte capitale.
Per distinguere le sanzioni tributarie da quelle aventi diversa qualificazione, la circolare n. 2 del 2017 dell’agenzia delle Entrate utilizza il criterio della giurisdizione. Si afferma pertanto che se si è in presenza di entrata devoluta alla cognizione delle Commissioni tributarie allora la sanzione è definibile. Si tratta di un criterio sostanzialmente condivisibile, poiché la Corte di cassazione (sentenza 8870/2016) ha più volte affermato la generalità della giurisdizione delle Commissioni tributarie in materia fiscale. Ne consegue che, ad esempio, saranno senz’altro rottamabili i diritti camerali, il contributo unificato per le spese di giustizia e i contributi ai consorzi obbligatori. Non possono tuttavia escludersi casi dubbi, in ragione della complessità della nozione di tributo. Si pensi ad esempio ai contributi dovuti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Secondo un recente intervento della Corte costituzionale (sentenza 269/2017) non è implausibile ipotizzarne la natura tributaria, nonostante un isolato arresto apparentemente contrario delle Sezioni unite della Cassazione (sentenza 19678/2016). O ancora agli oneri di urbanizzazione, tradizionalmente in bilico tra la qualifica tributaria e quella patrimoniale (con prevalenza di quest’ultima).
Non possono invece senz’altro definirsi, ad esempio, le sanzioni per utilizzo di lavoro nero o irregolare, né quelle per omesso deposito di atti al Registro delle imprese. Per quanto riguarda le sanzioni comminate agli intermediari abilitati per la trasmissione delle dichiarazioni, a partire dal 1° gennaio 2007 le stesse sono state ricondotte all’ambito tributario e possono dunque essere sanate.
È peraltro possibile scegliere il carico da rottamare, in presenza di una pluralità di debiti. A tale riguardo, va però ricordato che secondo la citata circolare n. 2 delle Entrate la singola partita (e non il codice tributo) affidata all’agente della riscossione costituisce una unità indivisibile. Tale è di regola quella scaturente da ciascun procedimento di accertamento, liquidazione e riscossione. Ne consegue che, secondo l’interpretazione ufficiale, non è possibile decidere di definire, ad esempio, i rilievi Irpef e non quelli Iva del medesimo avviso di accertamento. O si definisce tutto o non si definisce nulla. Lo stesso dicasi con riferimento ad una cartella di pagamento emessa per la liquidazione o il controllo formale della dichiarazione.
Fonte “Il sole 24 ore”