Per i crediti non spettanti e per quelli inesistenti indicati in dichiarazione termini ridotti per accertamento. È quanto sembra emergere dallarisoluzione 36/2018 dell’agenzia delle Entrate (si veda il Sole 24 Ore di ieri). Il documento, che individua la corretta sanzione applicabile per l’ipotesi di recupero di un credito considerato inesistente, ove sia già stato oggetto di specifico avviso di accertamento, fornisce chiarimenti anche sulla procedura che gli uffici devono osservare per tali contestazioni.
L’articolo 27 del Dl 185/2008, al fine di contrastare l’utilizzo di crediti inesistenti, ha introdotto un più ampio termine di decadenza del potere di accertamento (8 anni), inoltre il suddetto termine decorre non dalla data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui il credito inesistente è sorto, ma dalla data dell’illegittima compensazione.
Con la riforma del sistema sanzionatorio è stato poi previsto che il credito è inesistente qualora tale violazione non sia riscontrabile mediante controlli automatizzati e formali.
Nonostante il trattamento particolarmente gravoso riguardasse, fin dall’origine, solo i crediti inesistenti, gli Uffici hanno sempre utilizzato il maggior termine di 8 anni anche per indebite compensazioni di crediti non spettanti.
In proposito la risoluzione n. 36/2018 ha ora precisato che solo quando il credito fruito non può essere “intercettato” mediante controlli automatizzati, la violazione può essere sanzionata più gravemente. Ne consegue che in tutte le ipotesi di crediti non spettanti (e non inesistenti), gli Uffici non possono beneficiare del più ampio termine di decadenza dovendo notificare gli atti entro gli ordinari termini.
Nel documento sono inoltre individuate due tipologie di credito inesistente da cui scaturiscono differenti tempi di decadenza e di tipologia di atti impositivi:
• derivante da «eccedenze di imposta», che transitano in dichiarazione, per il quale è necessaria la notifica di un avviso di accertamento entro gli ordinari termini di decadenza;
• derivante da «agevolazioni», per il quale occorre l’atto di recupero, che può beneficiare degli 8 anni.
Il «credito derivante da eccedenza di imposta» transita in dichiarazione e pertanto è verosimile che si possa classificare inesistente se discendente da imponibili presumibilmente falsi (ad esempio, il credito Iva derivante dall’indicazione di operazioni passive contenenti fatture false o simili).
Il credito da “agevolazioni”, transita nel quadro RU della dichiarazione, ma rappresenta un valore indicato dal contribuente senza alcuna indicazione sulla sua formazione, con la conseguenza che l’Ufficio non potrebbe scoprirne la falsità attraverso un controllo automatizzato.
Secondo quanto emerge dalla risoluzione solo nel primo caso si applicherebbero gli ordinari termini di decadenza. Tuttavia sostenendo, come ad un certo punto evidenzia la risoluzione, che il termine ordinario si applica a tutti i crediti che transitano in dichiarazione, si potrebbe concludere che anche per i crediti da agevolazione non troverebbe applicazione la decadenza lunga proprio perché anch’essi transitano in dichiarazione (quadro RU). Attesa la delicatezza della questione, sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore.