di Nicola Forte
Approdano in dichiarazione le agevolazioni fiscali per le spese alberghiere e di ristorazione dei professionisti, contenute nella legge 81/2017 (il cosiddetto Jobs act dei lavoratori autonomi).
Dal 2017, è infatti possibile superare i limiti alla deducibilità di queste spese stabiliti dal Tuir (articolo 54, comma 5 ) e, al verificarsi di determinate condizioni, le spese saranno integralmente deducibili.
La novità è stata inserita nell’articolo 54, comma 5 del Tuir (dall’articolo 8 della legge 81/2017). La nuova disposizione prevede la possibilità per il professionista di fornire la prova dell’inerenza delle spese. In buona sostanza, è ammessa la possibilità di dimostrare che le spese alberghiere e dei ristoranti siano state sostenute nell’esercizio dell’attività di lavoro autonomo. La prova può essere fornita esclusivamente con le modalità indicate dal comma 5, cioè addebitando analiticamente al committente gli oneri anticipati tramite l’esposizione distinta degli stessi nella fattura emessa.
Il legislatore ha di fatto spostato l’onere del controllo sulla riconducibilità degli oneri così sostenuti nell’attività professionale, in capo al committente dell’incarico professionale. Infatti, si parte dal presupposto che laddove le spese in questione fossero sostenute a titolo personale (al di fuori dell’attività), il committente rifiuterebbe il pagamento delle stesse unitamente ai compensi relativi all’incarico. Viceversa, in mancanza di una formale contestazione, resa possibile in seguito all’esposizione analitica degli oneri nella fattura emessa, gli stessi non potranno che essere considerati inerenti e quindi integralmente deducibili. Per questa ragione non si applicherà il limite generale alla deduzione delle spese alberghiere e di ristorazione, fissato al 75% degli importi, e, in ogni caso, per un ammontare non superiore al 2% dei compensi incassati nel periodo d’imposta.
La regola generale
In base alla regola generale, se un professionista fa una trasferta per seguire il contenzioso di un cliente, le spese alberghiere e per i ristoranti non sono completamente deducibili: se le spese ammontano a 1.000 euro la quota deducibile è di 750 euro (il 75%). L’importo così determinato deve essere capiente rispetto al 2 per cento dei compensi incassati nell’anno. L’importo eventualmente eccedente risulterà comunque indeducibile. Se i compensi incassati nell’anno sono di modesta entità, è possibile che anche una parte della spesa, pari nell’esempio a 750 euro (dopo aver applicato la prima limitazione), sia indeducibile.
La deroga
Nel nuovo assetto normativo, che consente la deduzione integrale delle spese, «addebito analitico» vuol dire che queste spese devono essere indicate distintamente nella fattura rispetto ai compensi. Se questi oneri fossero compresi nell’unica voce «compensi», il committente non sarebbe infatti in grado di riscontrarne l’inerenza rispetto all’espletamento del mandato professionale. Senza una preventiva attività di controllo, si rischierebbe dunque di consentire al professionista di considerare illegittimamente in deduzione anche gli eventuali costi sostenuti a titolo personale.
La novità è in vigore dal periodo di imposta 2017. È stato dunque modificato il modello «Redditi» 2018. Il professionista deve indicare separatamente, a seconda dei casi, le spese non addebitate rispetto a quelle “ribaltate” sul cliente. Ciò per consentire all’agenzia delle Entrate di controllare la spettanza o meno del beneficio integrale della deduzione in sede di determinazione del reddito.
Se paga il committente
È possibile poi che le spese solitamente a carico del professionista per l’esecuzione dell’incarico siano sostenute direttamente dal committente. In questa ipotesi, l’articolo 54 del Tuir prevede che questi oneri non costituiscano compensi in natura per il lavoratore autonomo.
Si consideri ad esempio il caso in cui una società che organizza un master in diritto tributario paghi direttamente le spese alberghiere e di viaggio del professionista che interviene come docente. L’operazione è perfettamente neutrale per il professionista, dal momento che questi oneri, che rimangono esclusivamente a carico della società, non hanno natura di compensi. È un’opportunità prevista dall’articolo 54 che consente, anche questa, di evitare le limitazioni della deducibilità delle spese alberghiere e di ristorazione.
Le spese di viaggio
La previsione del Tuir (articolo 54, comma 5 ) ha una portata molto ampia ed è riferibile anche alle spese di viaggio e più in generale alla trasferta effettuata dal professionista. Nello specifico, si prevede che «tutte le spese relative all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista».
Per le spese di viaggio, a parte il requisito dell’inerenza, l’articolo 54 non ha previsto specifici limiti quantitativi alla deducibilità. Pertanto, anche se questi oneri fossero sostenuti direttamente dal professionista, concorrerebbero integralmente alla deduzione in sede di determinazione del reddito di lavoro autonomo. Tuttavia, se anche tali spese fossero anticipate dal committente, non costituirebbero mai compensi in natura per il soggetto che ne beneficia. In questo caso, sarà il committente che potrà considerare in deduzione i costi sostenuti per conto del professionista relativi al mandato a lui conferito. La deducibilità spetta. L’inerenza, infatti, sussiste in ogni caso, trattandosi di spese funzionali all’espletamento del mandato professionale. Se è legittimamente deducibile il compenso professionale, anche le spese sostenute dall’impresa committente per conto del lavoratore autonomo possono essere considerate in deduzione.
Fonte “Il sole 24 ore”