di Paolo Moretti
La crescita economica del nostro Paese dipende, soprattutto, dalla “buona salute” delle imprese, le quali, in una economia ormai completamente globalizzata, si trovano spesso in difficoltà a fronteggiare una concorrenza “senza frontiere”.
Non a caso, il legislatore è intervenuto più volte per aiutare le imprese in crisi, con provvedimenti volti ad a far superare le difficoltà economiche derivanti dalla crisi che ha investito il nostro Paese, con sostanziali modifiche alla legge fallimentare (regio decreto 267/42), al fine di permettere alle stesse la continuazione dell’attività oppure liquidare il patrimonio mettendolo a disposizione dei creditori, evitando così il fallimento.
Tra i vari provvedimenti, il legislatore, con la legge di stabilità 2017, è intervenuto sostituendo l’articolo 182-ter sulla «Transazione fiscale» con una nuova versione e denominazione «Trattamento dei crediti tributari e contributivi» (articolo 1, comma 81, legge 232/2016 ). L’intento è quello di chiarire le numerose incertezze interpretative che la precedente disposizione aveva determinato per gli operatori e la stessa amministrazione finanziaria.
Sono stati rafforzati gli strumenti riguardanti il concordato preventivo (articolo 160, legge fallimentare), l’accordo di ristrutturazione dei debiti (articolo 182-bis) e le crisi da sovraindebitamento (legge 3/2012).
La nuova disposizione rappresenta una particolare procedura transattiva tra Fisco e contribuente, avente ad oggetto la possibilità di pagamento, in misura ridotta e/o dilazionata, il credito tributario privilegiato, oltre di quello chirografario.
Contenuto principale del nuovo articolo 182-ter è la possibilità, per il debitore, di proporre nel concordato preventivo e, negli accodi di ristrutturazione, il pagamento e la dilazione dei debiti privilegiati (Iva, ritenute, contributi previdenziali).
La nuova disciplina ha, tra l’altro, recepito i principi espressi dalla Corte di giustizia europea in tema di falcidia dell’Iva nonché di ritenute operate e non versate.
La Corte di giustizia ha definitivamente chiarito che la procedura di concordato preventivo costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’Iva. Inoltre, secondo la Corte Ue, tale procedura è compatibile con il sistema comune dell’Iva.
Pertanto, sulla base del nuovo comma 1 dell’articolo 182-ter così come modificato dalla legge 232/2016, l’Iva è ora falcidiabile nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi, oltre alle ritenute operate e non versate.
Di parere opposto è, però, attualmente l’amministrazione finanziaria e, pertanto, sono iniziati i contenziosi.
Al riguardo, proprio in merito all’infalcidiabilità dell’Iva, si è espresso il tribunale di Udine con ordinanza del 14 maggio 2018. Il Tribunale ritiene che, la non falcidiabilità dell’Iva comporterebbe la violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, oltre al non rispetto dei principi della Corte di giustizia Ue.
A parere dei giudici del tribunale di Udine, l’articolo 7 della legge 3/2012 contempla un’eccezione ingiustificata alla regola della generale falcidiabilità dei crediti privilegiati nel settore concorsuale e, in particolare, nell’omologo comparto del concordato preventivo. Da ciò deriva che il tutto è rimesso al parere della Consulta.
Fonte “Il sole 24 ore”