Contributo integrativo minimo deducibile ai fini Irpef

di Pierpaolo Ceroli e Luisa Miletta

Un tema spesso ricorrente in occasione della compilazione del modello dichiarativo è quello che riguarda la deducibilità dei contributi erogati alla Cassa di previdenza ed assistenza di categoria da parte dei liberi professionisti.

Ai sensi dell’articolo 10 comma 1 lett. e) del Tuir sono oneri deducibili dal reddito complessivo i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, quindi obbligatori, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica di appartenenza, tra cui quelli per la ricongiunzione dei differenti periodi assicurativi, per il riscatto degli anni di laurea (sia a fini pensionistici che ai fini della buonuscita) e per la prosecuzione volontaria.

La legge non pone tetti all’importo portato in deduzione dall’imponibile e tali oneri sono deducibili anche se sostenuti per conto di familiari fiscalmente a carico. Un caso particolare riguarda l’impresa familiare in cui il titolare dell’impresa è obbligato al versamento dei contributi previdenziali anche per i familiari che collaborano nell’impresa; tuttavia, poiché per legge il titolare ha diritto di rivalsa sui collaboratori stessi non può mai dedurli, neppure se di fatto non ha esercitato la rivalsa, a meno che il collaboratore non sia anche fiscalmente a carico. I collaboratori, invece, possono dedurre i contributi soltanto se il titolare dell’impresa ha effettivamente esercitato detta rivalsa.

Gli oneri previdenziali che i professionisti devono versare alle rispettive casse professionali sono, invece, di due tipi: il contributo soggettivo, obbligatorio, determinato sulla base di una percentuale del reddito professionale netto prodotto nell’anno precedente, e quello integrativo, pari a una maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi rientranti nel volume annuale di affari ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Mentre il contributo soggettivo è sempre deducibile, quello integrativo non gode dello stesso trattamento ai fini Irpef, pertanto non è deducibile poiché, essendo assistito dal meccanismo della rivalsa, non concorre, di fatto, alla formazione del reddito di lavoro autonomo, in quanto trattasi di un onere non a carico del professionista bensì del cliente. Sul punto, con la sentenza n. 20784/2016, la stessa Corte aveva affermato che il contributo integrativo non può essere dedotto dal reddito complessivo del professionista nemmeno quando abbia provveduto al pagamento senza riscuoterlo dai propri clienti come previsto dalla norma istitutiva, anche in presenza di situazioni particolari che non hanno consentito di esercitare la rivalsa.

Quello che invece è possibile dedurre dal reddito complessivo è il contributo integrativo minimo, dovuto nell’ipotesi in cui il contribuente abbia realizzato un volume d’affari limitato o pari a zero, qualora questo sia rimasto effettivamente a carico del contribuente, come anche precisato dall’Agenzia nelle risoluzioni 69/2006 e 25/2011.

Il tema della deducibilità dei contributi previdenziali a carico dei professionisti è rilevante ai fini Irap, poiché, soltanto se detti contributi sono qualificabili come costi inerenti all’attività professionale, essi possono concorrere (in diminuzione) alla formazione del valore della produzione netta, ai sensi dell’articolo 8 del Dlgs 446/97.

Fonte “Il sole 24 ore”