Sono irrilevanti sotto il profilo penale gli accertamenti di maggiori imponibili conseguenti a rettifiche di transfer pricing, in quanto basate per definizione su metodi meramente valutativi e, pertanto, connotati da margini di discrezionalità.
L’importante principio è affermato nella sentenza 3674/18/2018 della Ctr della Lombardia depositata il 4 settembre scorso, che ha negato l’applicabilità della normativa (oggi abrogata) sul raddoppio dei termini a seguito della denuncia del reato di dichiarazione infedele, basata sul mero scostamento dei redditi dichiarati rispetto a quelli presuntivamente accertati in applicazione di una diversa metodologia di transfer pricing.
La controversia scaturiva da una serie di avvisi di accertamento con cui l’Ufficio aveva riqualificato il profilo funzionale di una società italiana da «agente» a «distributore» della consociata francese, rideterminando il reddito della società in base al principio di libera concorrenza (articolo 110 del Tuir). La rideterminazione avveniva individuando un set di soggetti distributori ritenuti comparabili e applicando il metodo del margine netto della transazione (Tnmm).
Gli avvisi di accertamento venivano emessi anche in relazione ad annualità i cui termini ordinari di accertamento erano decaduti, ma per i quali l’Agenzia aveva ritenuto applicabile la normativa sul raddoppio dei termini in presenza di reato di dichiarazione infedele (articolo 4 del Dlgs 74/2000). L’Agenzia si era avvalsa del raddoppio dei termini nonostante le modifiche introdotte all’istituto dalla riforma del 2015, ritenendo applicabile il regime transitorio previsto dal Dlgs 128/2015, che faceva salvi gli avvisi già notificati.
I giudici regionali, pur accettando la tesi, peraltro molto discussa, dell’operatività del regime transitorio (in linea con la sentenza della Cassazione 26037/2016), ritenevano non applicabile il raddoppio dei termini nel caso specifico, in quanto la denuncia di dichiarazione infedele in applicazione di una diversa metodologia di transfer pricing era da ritenere strumentale ed illegittima.
Infatti, a seguito delle modifiche introdotte alla disciplina dei reati tributari, è previsto che per determinare la sussistenza delle soglie che fanno scattare il delitto di dichiarazione infedele (articolo 4) non si tenga conto della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali (tipicamente la documentazione sul Tp).
L’irrilevanza penale dei fatti basati su valutazioni giuridico-tributarie, secondo i giudici lombardi, è tipicamente applicabile alle rettifiche reddituali effettuate in applicazione della disciplina del transfer pricing, fondata per definizione su valutazioni discrezionali e su metodologie non certe e codificate dal punto di vista normativo.
Peraltro, nel caso specifico, l’applicazione della diversa metodologia di Tp proposta dall’Agenzia era ritenuta non corretta, essendo errato il presupposto su cui si fondava l’accertamento, ovvero la riqualificazione dell’impresa italiana da agente a distributore. La società, infatti, non stipulava contratti con i clienti e non operava con i rischi tipici del distributore (rischio magazzino e rischio credito).
di Giacomo Albano
Fonte “Il sole 24 ore”