di Antonio Zappi
Un’omissione dichiarativa non preclude il riporto del credito Iva dell’anno precedente e la sua compensazione in F24 non è sanzionabile. Inoltre, senza dover necessariamente attendere la cartella di pagamento, è ammissibile impugnare direttamente anche l’avviso bonario derivante dalla liquidazione automatica e con il quale l’ente impositore contesta l’utilizzo del credito, ex articolo 54-bis del Dpr 633/1972: tale atto, infatti, contiene una specifica pretesa tributaria anche se non è ricompreso nell’elenco dell’articolo 19 del Dlgs 546/1992. A queste conclusioni è giunta la sentenza 14856/46/2018 della Ctp Roma (clicca qui per consultarla ). Nella vicenda in esame, era stata notificata una cartella di pagamento ad un contribuente che, per errore materiale, aveva omesso di “agganciare” al modello Unico 2015 (per il periodo d’imposta 2014) la dichiarazione Iva del medesimo anno, cosicché le Entrate si costituivano in giudizio sostenendo l’inammissibilità dell’impugnazione della comunicazione di irregolarità e, al contempo, contestavano sia il riporto del credito Iva, indicato al rigo VL8 del modello dell’anno successivo, che l’avvenuta compensazione orizzontale del tributo. A parere dell’Ufficio, infatti, il contribuente sarebbe stato intempestivo avendo prodotto la documentazione attestante la spettanza del diritto solo oltre i 30 giorni dalla notifica della comunicazione di irregolarità (circolari 21/E/2013 e 34/E/2012).
Per i giudici romani, invece, non solo il ricorso contro qualsiasi atto portante una pretesa tributaria deve essere ritenuto ammissibile in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della Pa (Cassazione 3315/2018), ma che nessuna conseguenza può derivare dalla previsione di un termine di adempimento «fissato non dalla legge, ma dalla stessa Amministrazione mediante circolare amministrativa, che non ha natura perentoria ed ha il solo fine di facilitare l’attività della pubblica amministrazione».
La normativa tributaria, sottolineano i giudici capitolini, «ha da tempo sottolineato il principio secondo cui al mancato rispetto delle formalità deve cedere il passo il dato sostanziale», cosicché, da un lato facendo richiamo all’articolo 10 della legge 212/2000 e, dall’altro lato, osservando come l’Ufficio avrebbe avuto la possibilità di tener conto, ancorché con qualche giorno di ritardo, della natura meramente formale della violazione ascritta alla società ricorrente, avrebbe ben potuto accoglierne i rilievi e non applicare sanzioni, anche in ragione dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia.
Le stesse Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 17758/2016) hanno, infatti, sancito che l’omessa dichiarazione non comporta la perdita del credito, potendo questo essere riportato a nuovo e/o compensato, mentre la giurisprudenza di merito ha statuito che dalla compensazione del menzionato credito non possano scaturire neanche le sanzioni pretese dal Fisco, ex articolo 13 del Dlgs 471/1997 (Ctr Sardegna 377/1/2018), ancorché in altro caso, invece, sia stata riconosciuta come corretta solo la sanzione formale per la dichiarazione omessa, ma non quella da indebita compensazione (Ctr Veneto 1093/5/2016).
Fonte “Il sole 24 ore”