Definizione delle liti fiscali pendenti con più appeal. Gli emendamenti approvati ieri dalla Commissione Finanze del Senato al Dl 119 prevedono che, in caso di ricorso pendente iscritto in primo grado, la lite può essere definita con il 90% delle imposte dovute nell’atto impugnato. Se, invece, è stata depositata una sentenza favorevole al contribuente la definizione della lite avviene con il pagamento del 40% delle imposte se la pronuncia è di primo grado o del 15% se è di secondo grado. Invece, se la controversia è pendente in Cassazione alla data di entrata in vigore della legge di conversione, e l’Agenzia sia risultata soccombente in tutti i precedenti giudizi, la definizione avviene con il pagamento del 5% del valore della controversia.
Nonostante queste favorevoli modifiche permangono vari dubbi. Innanzitutto il riferimento al «ricorso pendente iscritto» potrebbe comportare che si tratta solo di quei ricorsi in primo grado per i quali è stata fatta la costituzione in giudizio e non anche quelli soltanto notificati alla controparte. Se così fosse, bisogna chiarire se la data di riferimento per la costituzione sia l’entrata in vigore della legge di conversione o il 24 ottobre. Poi, non è stato disciplinato il trattamento per le pronunce della Cassazione con rinvio. Nel decreto legge, nelle ipotesi di rinvio, per la definizione della lite è necessario versare il 100% delle imposte pretese con l’atto impugnato. Ora, considerata la modifica intervenuta per i giudizi pendenti in primo grado, l’importo dovrebbe verosimilmente scendere al 90%. La relazione illustrativa al decreto, infatti, precisava che nel caso di sentenza della Cassazione con rinvio, la controversia si considera pendente in primo grado senza decisione. Poiché dopo l’emendamento, per i ricorsi pendenti in primo grado, la definizione potrà avvenire con il pagamento del 90% dovrebbe conseguire che i rinvii della Cassazione potranno essere analogamente chiusi con il 90%. Si tratta comunque di una circostanza singolare, atteso che il contribuente potrebbe aver avuto una sentenza in un grado di giudizio favorevole e non beneficerebbe di tale circostanza.
Quanto alla nuova previsione, secondo cui per un doppio grado di giudizio favorevole è dovuto il 5%, occorre comprendere se per «controversie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione» debbano intendersi i ricorsi già notificati ovvero quelli i cui termini di impugnazione della sentenza di appello non siano ancora spirati. Va da sé che prevalendo la prima interpretazione, più aderente alla norma, il nuovo beneficio del 5% sarebbe legato alla tempestività del ricorso dell’agenzia delle Entrate alla data di conversione della legge, in assenza del quale, il contribuente potrebbe beneficiare solo del pagamento del 15%.
Nei giorni scorsi sono stati poi approvati tre emendamenti sulla rottamazione ter che rendono più interessante il meccanismo di definizione. Anziché 10 rate, viene consentito il pagamento in un numero massimo di 18 rate, consecutive, la prima e la seconda delle quali, di importo pari al 10% ciascuna delle somme complessivamente dovute ai fini della definizione, scadenti rispettivamente il 31 luglio e il 30 novembre 2019. Le restanti, di pari ammontare, scadenti il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2020. È stato poi previsto che l’effetto di inefficacia della definizione non si produce nei casi di tardivo versamento delle rate non superiore a 5 giorni e non sono dovuti interessi.
Fonte “Il sole 24 ore”