La scadenza del 7 dicembre è legata anche alla validità della definizione delle liti pendenti. Se nella rottamazione bis, infatti, sono stati inclusi carichi in contenzioso che tuttavia non esauriscono l’ammontare controverso, se si vuole chiudere la lite, in base all’articolo 6 del decreto legge 119/2018, occorre rispettare la scadenza di dicembre.
Si ipotizzi che il contribuente abbia presentato istanza di rottamazione bis includendo una iscrizione a ruolo provvisoria derivante da una controversia avente ad oggetto un avviso di accertamento.
Se vi è stata sentenza di Commissione tributaria provinciale sfavorevole al contribuente l’ufficio ha affidato all’agente della riscossione un importo complessivamente pari a due terzi dell’accertato.
Con il perfezionamento della rottamazione, come chiarito nella circolare 2 del 2017 dell’agenzia delle Entrate, la lite prosegue per la differenza. Se il soggetto passivo intende definire del tutto la controversia pendente, tuttavia, egli dovrà pagare entro il 7 dicembre le rate di rottamazione scadute a luglio, settembre e ottobre 2018. In difetto, la definizione della lite sarà inammissibile (articolo 6, comma 7, del decreto legge 119/2018). Si ricorda peraltro che anche in questo caso troverà applicazione la soglia di tolleranza di cinque giorni approvata in Senato in sede di conversione del decreto.
Sempre secondo la tesi dell’agenzia delle Entrate, inoltre, (circolare 22 del 2017) ai fini della chiusura della controversia non occorrerà portare a buon fine l’intera procedura di rottamazione, pagando anche le somme residue, corrispondenti alle rate di novembre 2018 e febbraio 2019.
Allo scopo, sarà pertanto sufficiente versare la prima rata della definizione ex articolo 6, in scadenza alla fine del mese di maggio 2019.
In presenza di carichi in contenzioso, il contribuente deve valutare bene se aderire alla rottamazione ter oppure alla definizione delle liti pendenti.
In alcuni casi, la scelta è obbligata. Si pensi all’impugnazione di una cartella emessa in base all’articolo 36 bis del Dpr 600/1973, avente ad oggetto il recupero di somme dichiarate e non versate. In tale eventualità, poiché la controversia non ha ad oggetto un atto impositivo, l’unica strada è quella della rottamazione. Lo stesso si dica qualora l’impugnazione della cartella sia stata promossa unicamente nei confronti dell’agente della riscossione e l’agenzia delle Entrate non sia intervenuta in giudizio.
In linea generale, peraltro, la definizione delle liti pendenti è più favorevole rispetto alla rottamazione. Con la prima infatti sono del tutto azzerati sia gli interessi che l’aggio di riscossione, mentre nella rottamazione restano dovuti gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo e l’aggio sulle somme liquidate dall’agente della riscossione, oltre alle spese delle eventuali procedure esecutive.
A ciò si aggiunga che le sentenze emesse medio tempore, se favorevoli al contribuente, riducono anche sensibilmente l’importo della sanatoria della controversia mentre sono del tutto irrilevanti ai fini della rottamazione.
D’altro canto, se la lite ha ad oggetto un atto di accertamento ai fini dell’imposta di registro, va ricordato che se il contribuente non ha versato l’importo dovuto in pendenza di giudizio l’ufficio iscrive a ruolo l’ulteriore sanzione del 30 per cento. Secondo quanto affermato nella circolare n. 23 del 2017 dell’agenzia delle Entrate, con la definizione della lite pendente non si ottiene l’azzeramento di quest’ultima sanzione, in quanto non inclusa nell’atto originariamente impugnato. Se però l’intero ammontare preteso dall’ufficio è stato affidato all’agente della riscossione entro la fine dell’anno scorso, la rottamazione determina l’annullamento di tutte le sanzioni, compresa quella aggiuntiva del 30 per cento.
Vale infine ricordare che in entrambe le procedure è possibile chiedere la sospensione dei giudizi in corso, in pendenza del perfezionamento della definizione.
Fonte “Il sole 24 ore”