«Deve riconoscersi il diritto alla detrazione Iva per lavori di ristrutturazione o manutenzione anche in ipotesi di immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità con l’attività di impresa o professionale, anche se quest’ultima sia potenziale o di prospettiva. E ciò pur se – per cause estranee al contribuente – la predetta attività non abbia poi potuto concretamente esercitarsi».
È questo il principio di diritto espresso dalla Cassazione, Sezioni Unite civili, con la sentenza 11533/2018, che ha messo la parola fine alla controversa questione sulla detrazione d’imposta delle spese di ristrutturazione o manutenzione di immobili non di proprietà, bensì soltanto detenuti da soggetti passivi di imposta a titolo di locazione.
La pronuncia in esame trae origine dal ricorso presentato da una Srl avverso tre avvisi di accertamento con i quali veniva recuperata l’Iva, ritenuta indebitamente detratta, in relazione a spese di ristrutturazione di un complesso immobiliare detenuto in locazione dalla stessa e di proprietà della controllante estera della ricorrente.
L’immobile destinato a residence per vacanze era inizialmente accatastato come abitativo in categoria A/2 e, solo al termine della ristrutturazione, aveva ricevuto il diverso inquadramento catastale come immobile in categoria D/2.
La fattispecie de qua inoltre si caratterizzava per la ulteriore circostanza che la società contribuente aveva detratto l’Iva senza mai esercitare in concreto l’attività d’impresa. Difatti, le suddette spese erano state sostenute nella prospettiva di una futura attività imprenditoriale che tuttavia non è mai stata avviata dalla società italiana in ragione della vendita del complesso turistico ristrutturato successivamente alla incorporazione della controllante.
Occorre evidenziare che, in casi simili, precedenti pronunce avevano escluso il diritto alla detrazione dell’imposta in ragione del fatto che il contratto di locazione potesse essere solo strumentale, predisposto cioè al solo fine di permettere al conduttore una detrazione di cui il proprietario dell’immobile, in quanto “consumatore finale”, non avrebbe potuto aver diritto in quanto non esercente attività di impresa o professionale.
Pur prendendo atto di tale preoccupazione, la Suprema Corte è giunta ad una soluzione mediana e, conformemente al fondamentale principio europeo di neutralità dell’Iva, ha riconosciuto il diritto alla detrazione Iva per lavori di ristrutturazione o manutenzione anche se su immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità con l’attività d’impresa o professionale.
Tale nesso di strumentalità viene meno soltanto quando l’attività economica, anche se potenziale o prospettica, non abbia mai potuto concretamente esercitarsi per circostanze dipendenti e non estranee al contribuente, non potendosi tollerare in via di principio limitazioni al diritto di detrazione.
È stato infine precisato che ai fini della detrazione vi deve essere un tipico accertamento di fatto che tenga conto della esistenza o meno della natura strumentale dell’immobile rispetto all’attività economica effettivamente svolta o che il contribuente avrebbe potuto svolgere.
Accertamento che nel caso di specie la Ctr ha invece omesso di fare, ritenendo erroneamente esclusa la detrazione perché in corso di ristrutturazione l’immobile era indicato in categoria A/2 abitativa.
È evidente che si vuole ancora una volta tutelare il diritto alla detrazione, ancorando la sua limitazione ad una concreta e puntuale verifica.
Fonte “Il sole 24 ore”