In caso di omesso contraddittorio preventivo, se la nullità dell’atto è prevista dalla norma, il contribuente non deve fornire la prova di resistenza, cioè le ragioni che avrebbe potuto illustrare al fisco durante il confronto non avvenuto. A enunciare questo principio è la Cassazione con la sentenza 701 .
La pronunzia trae origine da un accertamento conseguente ad una verifica con accesso presso la sede di una società, emesso prima del termine di 60 giorni previsto dallo Statuto del contribuente. Il provvedimento veniva annullato in entrambi i gradi di merito, e l’Agenzia ricorreva in Cassazione.
La Suprema corte ha innanzitutto ricordato che, secondo le Sezioni unite (sentenza 18184/2013), la previsione contenuta nell’articolo 12, comma 7 dello Statuto è applicabile solo nelle ipotesi di accessi, ispezioni e verifiche presso la sede del contribuente e l’emissione dell’accertamento prima del decorso di 60 giorni della consegna del Pvc comporta l’invalidità dell’atto impositivo. Per i controlli a tavolino, invece, non esistendo un obbligo generalizzato di contraddittorio prodromico all’emissione dell’atto, occorre distinguere tra tributi armonizzati e non: per i primi valgono le regole comunitarie, e quindi occorre riconoscere il diritto al confronto preventivo, per i secondi tale diritto deve essere accordato solo se previsto per legge.
In ogni caso, per i tributi armonizzati occorre superare la cosiddetta «prova di resistenza», ossia la verifica dell’impatto della violazione sull’esito del provvedimento, a condizione che sia il contribuente ad enunciarne le ragioni (sentenza 24823/2015). I giudici di legittimità hanno poi evidenziato, che secondo la giurisprudenza comunitaria, il diritto al contraddittorio è regolato dai principi di equivalenza (le regole per il tributo armonizzato non devono essere meno favorevoli rispetto ai tributi interni) e di effettività (non sia impossibile o eccessivamente gravoso l’esercizio dei diritti dell’ordinamento Ue).
Per la Suprema corte, in applicazione di questi principi, con riferimento al comma 7 dell’articolo 12, non esiste alcuna distinzione tra tributi armonizzati e non. Inoltre, è evidente che l’operatività della prova di resistenza vada circoscritta al caso di assenza di una specifica disposizione normativa. In conclusione, secondo la Cassazione:
l’articolo 12, comma 7 dello Statuto si applica ai casi di accessi, ispezione o verifica senza alcuna necessità di prova di resistenza e a prescindere dal tipo di tributo;
l’espressa previsione all’interno di una norma di legge della sanzione di nullità per il mancato rispetto del contraddittorio preventivo, fa venire meno la necessità della prova di resistenza ai fini dell’invalidità dell’atto;
per i tributi armonizzati la necessità della prova di resistenza scatta solo se la normativa interna non preveda già la sanzione della nullità.
Fonte “Il sole 24 ore”