Linea dura della Cassazione sulle indebite compensazioni: commette il reato chi utilizza un credito Iva fittizio in detrazione delle liquidazioni periodiche successive: la norma, infatti, non circoscrive il delitto alla sola presentazione del modello F24, tanto meno alla sola compensazione orizzontale, ma punisce tutte le condotte volte all’omesso versamento di imposte attraverso l’indebito utilizzo di crediti. A fornire questo principio è la Suprema corte con la sentenza n. 5934 depositata ieri. La vicenda traeva origine da un rilevante credito Iva ritenuto inesistente, inserito nella dichiarazione del 2002 e riportato negli anni successivi. Il credito veniva utilizzato in detrazione dei debiti Iva delle diverse liquidazioni. Era quindi contestata l’indebita compensazione prevista dall’articolo 10 quater del Dlgs 74/2000. Gli imputati, condannati in appello, ricorrevano in Cassazione lamentando, in sintesi, che il comportamento adottato riguardasse la detrazione Iva e non un’indebita compensazione, in quanto nessun modello F24 era stato presentato. I giudici di legittimità hanno ricordato che il reato in questione è configurabile in caso di compensazione sia orizzontale sia verticale. L’articolo 10 quater punisce, infatti, i comportamenti illeciti, quali l’utilizzo improprio della compensazione, commessi per omettere il versamento dell’imposta. L’articolo 17 del Dlgs 241/97, richiamato espressamente dalla norma penale non fa riferimento al modello F24, ma, più in generale, all’utilizzo di crediti per il pagamento di debiti. Ne consegue che la detrazione Iva diviene sostanzialmente un’operazione di compensazione, non tanto perché i due istituti (detrazione e compensazione) sono omogenei, ma perché il risultato conseguito è il medesimo: in entrambi i casi, infatti, il contribuente evita il pagamento di imposte grazie ad un credito nei confronti dello Stato. A prescindere, quindi, dalla procedura formale seguita dal contribuente (indicazione in dichiarazione o modello F24), l’utilizzo indebito di un credito per il pagamento di un debito tributario rientra nel precetto penale.
La Cassazione ha altresì escluso che la contestazione possa configurare infedele dichiarazione (articolo 4 Dlgs 74/00): in questo delitto, infatti, il contribuente esprime il mendacio nella dichiarazione annuale, mentre nell’indebita compensazione avvenuta nella specie, il riporto negli anni successivi del credito Iva ha consentito l’omesso versamento di imposte. Da segnalare che le Entrate nella risoluzione 36/18 ha ritenuto che per l’indicazione in dichiarazione di un credito inesistente, si applica la sanzione per infedele dichiarazione e non per indebita compensazione. Ne consegue così che la medesima violazione, che ai fini tributari non viene sanzionata per indebita compensazione, ai fini penali costituisce delitto.
Fonte “Il sole 24 ore”