L’assenza di costi di personale dipendente non comporta automaticamente che la società venga qualificata come “bara” fiscale, impedendo il riporto delle posizioni fiscali soggettive, perché si configura come una libera scelta aziendale. È questa la conclusione della risposta 52 di ieri dell’agenzia delle Entrate.
A seguito di una fusione per incorporazione, l’incorporante ha presentato istanza di interpello ex articolo 11, comma 2 della legge 212/00 per ottenere la disapplicazione delle limitazioni al riporto delle eccedenze Ace dell’incorporata in base all’articolo 172, comma 7 del Tuir (che si applica anche alle perdite fiscali e agli interessi passivi indeducibili). La pronuncia si fa particolarmente apprezzare perché, abrogata l’Ace, essa è comunque valida nelle operazioni di fusione e scissione che presentino la tematica del riporto delle perdite e degli interessi passivi. L’incorporata svolgeva l’attività di gestione immobiliare, locando prevalentemente alla controllante incorporante immobili di proprietà o condotti in locazione finanziaria. La stessa, sia nel periodo antecedente la fusione sia in quello in cui l’operazione ha avuto efficacia (pur essendo retrodatata contabilmente e fiscalmente all’inizio del periodo d’imposta), ha superato il test di vitalità economica in relazione ai ricavi e il limite patrimoniale, ma non il test di vitalità con riferimento ai costi del personale. Il superamento di tale test, ricordiamo, si ha quando sia l’ammontare dei ricavi e proventi dell’attività caratteristica, sia quello delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, risulti superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.
Nella risposta l’Agenzia ha ribadito che la finalità della norma è quella di salvaguardare la permanenza delle condizioni di vitalità economica, onde evitare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali, degli interessi passivi indeducibili e delle eccedenze Ace (circolare 9/E/10).
Circa l’assenza dei costi del personale, la pronuncia richiama le precedenti risoluzioni 143/E/08 e 337/E/02. Quest’ultima, in particolare, aveva chiarito che per una holding la mancanza assoluta di costi di personale dipendente in bilancio non è, da solo, sintomo di scarsa vitalità aziendale, visto che tale voce non è così frequente nei bilanci di questa tipologia di società. L’elemento di spicco della risposta sta nel fatto che la scelta aziendale (cosiddetta di “buy” e non di “make”) di non ricorrere al costo di lavoro dipendente, preferendo optare per un contratto di service amministrativo (voce B7 del conto economico), è da considerarsi in sostanza una libera scelta aziendale.
Pertanto non può essere valutata come sintomatica di un comportamento patologico volto a sfruttare indebitamente le posizioni soggettive tipiche delle operazioni di fusione e di scissione.
Tanto più considerato che nel caso di specie vi sono ricavi di locazione tali da consentire il superamento del test relativo a quella specifica componente.
Fonte “Il sole 24 ore”