Sarà una rivoluzione, questa riforma (aldilà del fatto che il «fallimento» prenderà il nome di «liquidazione giudiziale»)? In effetti sono previste molte novità, ma a ben vedere sono poche quelle destinate a cambiare davvero lo spirito del diritto della crisi, che sembra rimanere centrato sul paradigma del debito e posto a tutela dei creditori, quale è sempre stato nella Storia (quantomeno nel diritto europeo continentale).
Allerta
Fra tutte le novità del decreto pubblicato ieri in Gazzetta (Dlgs 12 gennaio 2019 n. 14), solo due potrebbero incrinare questo paradigma. La prima è l’istituto dell’allerta, quale misura funzionale a far emergere la crisi ai primi albori, per effetto del suo rilevamento da parte di alcuni soggetti qualificati (gli organi di controllo, da un lato, e l’agenzia delle Entrate, l’Inps e l’agente della riscossione da un altro lato). Spetterà a questi soggetti indurre l’impresa ad adottare immediatamente le necessarie contromisure o a chiedere l’intervento degli organismi di composizione delle crisi presso le Camere di commercio. Qui risiede la novità più grande, nelle intenzioni, se è vero che, com’è stato osservato, è la prima volta in Italia che «il diritto della crisi d’impresa si interessa direttamente della crisi d’impresa, non per favorire la ristrutturazione indirettamente, bensì per favorirla direttamente e per favorire indirettamente semmai il superamento dell’insolvenza» (Fabrizio Di Marzio, «Fallimento. Storia di un’idea»).
Sovraindebitamento
La seconda novità è nelle norme sul sovraindebitamento, che regolano la crisi dei soggetti esclusi dalla liquidazione giudiziale (imprenditori commerciali privi dei requisiti dimensionali per poter esservi sottoposti, imprenditori non commerciali, comuni cittadini), ed è la esdebitazione senza utilità, consistente in una forma di liberazione del debitore dai suoi debiti anche in assenza di pagamenti a favore dei creditori. La ratio di questa novità, come spiega la relazione, non è solo quella di restituire il debitore alla piena vita, liberandolo dai debiti, ma anche quella di «reimmettere nel mercato soggetti potenzialmente produttivi». Il che significa guardare alla crisi del debitore non solo come alla crisi personale di un soggetto, ma come alla crisi di un centro di interessi intorno al quale ruotano altri interessi diffusi, diversi da quelli puri e semplici dei creditori.
Concordati e liquidazione
Ma le novità sono comunque molte, come si è detto, e riguardano tutte le procedure: sia i concordati, sia il fallimento (o meglio, la liquidazione giudiziale), sia la liquidazione coatta amministrativa. Quanto ai concordati, basti pensare per un verso all’introduzione del concordato preventivo di gruppo, che consentirà l’applicazione di un’unica procedura a fronte di situazioni di crisi riferibili a società diverse (sulla falsariga di quanto previsto fino ad oggi nell’ambito dell’amministrazione straordinaria); e per un altro verso, sempre in relazione al concordato preventivo, all’attribuzione al tribunale di poteri di controllo non solo formali ma anche nel merito, quale il potere di accertare la fattibilità del piano. Quanto alla liquidazione giudiziale, una delle novità più importanti è senza dubbio la previsione di un unico modello processuale di accertamento della crisi, cui saranno assoggettate tutte le categorie di debitori, di qualunque genere, al fine dell’individuazione della procedura adeguata al caso. Quanto alla liquidazione coatta amministrativa, la riforma elenca una serie di imprese assoggettabili esclusivamente a tale procedura, superando il principio vigente fino ad oggi, in virtù del quale invece l’assoggettamento alla liquidazione coatta anziché al fallimento poteva dipendere da un puro dato temporale.
Organi di controllo
Alcune novità riguardano anche il Codice civile, e ci si riferisce ai nuovi parametri di nomina degli organi di controllo nelle società. A differenza della maggior parte delle altre, questa novità entrerà in vigore tra 30 giorni (9 mesi per srl e coop già costituite) e costringerà una grande platea di soggetti a farvi i conti, perché abbassa molto i limiti a partire dai quali la nomina degli organi diventa obbligatoria.
© RIPRODUZIONE RISERVATA “Il sole 24 ore”
Niccolò Nisivoccia
Dopo una gestazione piuttosto lunga (il lavoro sulla legge delega è partito nel corso della precedente legislatura) e dopo 77 anni dal varo della legge fallimentare è stato pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale il testo
del decreto di riforma (decreto legislativo 12 gennaio 2019 n. 14) che contiene il «Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155».
Due fasi
Una riforma a efficacia differita: una parte entra infatti in vigore tra trenta giorni, tutto il resto tra un anno e mezzo. Partono dunque subito, da una parte, l’istituzione presso il ministero della Giustizia dell’albo dei curatori e, dall’altra, le novità inserite nel Codice civile sugli obblighi (con limiti abbassati rispetto a quelli vigenti) di nomina degli organi di controllo interni delle società
Tra le novità in vigore tra trenta giorni va segnalata l’istituzione dell’albo dei soggetti destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste nel
codice della crisi e dell’insolvenza. Possono essere chiamati a svolgere tali funzioni avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili e consulenti del lavoro
Organi di controllo
Altra importante novità
è sulla nomina dell’organo
di controllo o del revisore.
Che diventa obbligatoria
se la società ha superato
per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) due milioni di euro di attivo; 2) due milioni di euro di ricavi; 3) dieci dipendenti occupati durante l’esercizio.
Tale obbligo deve essere rispettato entro nove mesi a partire da oggi dalle Srl e dalle coop già costituite.
Filo conduttore della riforma della crisi d’impresa è la conservazione dell’attività aziendale. Per questo sono previste misure che consentono di intervenire prima che sia troppo tardi, prima cioè che la crisi diventi insolvenza conclamata. È il caso dell’«allerta pre-crisi» innescata dagli organi di controllo interno delle società o dai creditori pubblici (Agenzia delle Entrate e Inps) cui fa seguito una procedura affidata a uno specifico organo di composizione della crisi istituito presso le Camere di commercio
Sovraindebitamento
Il nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza ospita anche una sezione
sul fallimento del consumatore e delle
piccole imprese (quelle cioè sotto le attuali soglie di rilevanza) che rende meno stringenti i requisiti soggettivi per l’accesso alla procedura