Aggio da giustificare con l’attività svolta dalla riscossione

Ctp di Parma: i rilievi del contribuente obbligano alla motivazione
È illegittimo l’aggio richiesto nella cartella di pagamento se l’agente per la riscossione non documenta le prestazioni eseguite e le spese sostenute. A precisarlo è la Commissione Tributaria di Parma con la sentenza n. 38, depositata il 12 febbraio 2019. 
Il contenzioso partiva da una società che impugnava una cartella di pagamento relativa a imposte dichiarate e non versate.Tra i motivi di ricorso la contribuente eccepiva la mancata indicazione del calcolo degli interessi e la giustificazione degli aggi pretesi ritenuti sproporzionati rispetto all’attività svolta. L’agente della riscossione si costituiva in giudizio.
Il collegio parmense ha innanzitutto rilevato che l’articolo 11 del Dlgs 546/1992, recentemente modificato, prevede che l’agente della riscossione (così come anche l’agenzia delle Entrate) «sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata». La scelta di avvalersi di avvocati del libero foro per la difesa affinché sia valida presuppone che si sia in presenza di un caso speciale, che intervenga una preventiva apposita e motivata delibera, la quale deve essere vagliata dagli organi di vigilanza e, infine, che sia prodotta in giudizio la prova della sussistenza di tali elementi (Cassazione, sentenza 28684/2018).
Ne consegue così che è nullo il mandato conferito all’avvocato del libero foro rilasciato senza il vaglio dell’organo di vigilanza e in assenza di un’esigenza specifica.
Nella specie, la procura allegata al fascicolo processuale telematico, non indicava alcun elemento necessario: mancava, infatti, la deliberazione e l’indicazione delle ragioni che avrebbero giustificato la deroga all’ordinario criterio della difesa in proprio dell’Ente pubblico. Tuttavia, i giudici hanno precisato che da ciò non conseguiva automaticamente l’accoglimento del ricorso.
Con riferimento alla mancata indicazione del calcolo degli interessi, nella sentenza è precisato che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sentenza 17765/2018), il contribuente deve essere messo in condizioni di verificare la correttezza della pretesa, senza essere obbligato ad attingere a nozioni giuridiche per ricostruire il metodo seguito dall’Ufficio.
Per quanto riguarda l’aggio, invece, nella cartella di pagamento era individuato come “oneri di riscossione”.
L’articolo 17 del Dlgs 112/99 precisa che gli oneri di riscossione e di esecuzione devono essere commisurati ai costi per il funzionamento del servizio di riscossione. Tuttavia, quando il ricorrente contesta l’inesistenza o la sproporzione dell’aggio preteso, l’onere della prova si trasferisce in capo all’esattore.
Occorreva così dimostrare la consistenza delle prestazioni eseguite e la rispondenza delle somme richieste per tali prestazioni. In assenza, quindi della prova dei costi pretesi al contribuente, gli oneri della riscossione non possono ritenersi effettivamente sostenuti e di conseguenza devono essere annullati.
L’interessante decisione non sembra avere precedenti: se dovesse essere condivisa da altri giudici potrebbe comportare una maggiore trasparenza in capo all’agente della riscossione nella quantificazione dell’aggio preteso.
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Laura Ambrosi