I forfettari possono emettere fatture cartacee o elettroniche anche alternando documenti di un tipo e dell’altro (risposta 2.28 delle Entrate al Consiglio nazionale commercialisti). Possono mantenere o meno un’unica numerazione progressiva (Faq 33 sul sito dell’Agenzia), senza dotarsi di sezionali per la registrazione.
Sotto il profilo passivo, le fatture cartacee ricevute sono conservate come tali. Per le fatture elettroniche, occorre invece distinguere.
Il provvedimento 89757/2018 prevede che le fatture Xml (con codice destinatario “a sette zeri”) nei confronti di un forfettario sono messe a disposizione nella sua area riservata, circostanza di cui è data notizia al cliente anche mediante consegna di copia analogica della fattura (punto 3.4, lettera d). In tal caso, il cliente conserva tale copia. Qualora non si disponga del documento cartaceo, posto l’obbligo di conservare le fatture ricevute, il forfettario dovrà scaricarne dal sito dell’Agenzia una copia “leggibile” e conservarla su carta (a meno che non scelga la conservazione sostitutiva, anche avvalendosi del servizio delle Entrate).
Questa procedura presuppone però che il forfettario comunichi il proprio “status” al fornitore (adempimento quanto mai opportuno). In mancanza, il cedente/prestatore procederà come quando si emette il documento conoscendo solo la partita Iva del cliente: emissione della fattura con codice “a sette zeri”, trasmissione allo Sdi, messa a disposizione nell’area riservata, comunicazione della disponibilità della fattura nell’area sul sito dell’agenzia, da eseguirsi (preferibilmente) anche mediante consegna di copia analogica della fattura elettronica (punto 3.4, lettera e).
La conservazione segue le stesse regole. In entrambe le ipotesi, considerato che la copia analogica della fattura potrebbe essere resa disponibile dopo l’effettuazione dell’operazione, è bene che l’operatore “visiti” periodicamente la propria area riservata. E ciò, anche perché sussistono comunque gli obblighi di regolarizzazione ex articolo 6, comma 8, Dlgs 471/97, in caso di mancata ricezione della fattura o di ricezione di fattura irregolare.
Diverso è il caso in cui il forfettario comunichi al cedente/prestatore una Pec o un codice destinatario, così come il caso in cui il cessionario/committente abbia registrato il proprio indirizzo telematico alle Entrate: tutte ipotesi in cui è evidente che il forfettario intende comportarsi come un “normale” soggetto passivo, ai fini della ricezione/conservazione elettronica dell’e-fattura.
E se il fornitore acquisisce autonomamente la Pec del cliente forfettario? Potrebbe trasmettere l’e-fattura a tale indirizzo e, se la trasmissione ha esito positivo, non effettuare alcuna comunicazione al cliente. Nella risposta 3.6 sul sito del Consiglio nazionale commercialisti, le Entrate sembrano ammettere (anche se non proprio limpidamente) che, in quest’ipotesi, la fattura possa essere conservata dal forfettario in modalità cartacea. Il che, tuttavia, per le ragioni già esposte, presuppone un monitoraggio costante della casella Pec.
© RIPRODUZIONE RISERVATA “Il sole 24 ore”
Matteo Balzanelli
Massimo Sirri
Il provvedimento 89757/2018 prevede che le fatture Xml (con codice destinatario “a sette zeri”) nei confronti di un forfettario sono messe a disposizione nella sua area riservata, circostanza di cui è data notizia al cliente anche mediante consegna di copia analogica della fattura (punto 3.4, lettera d). In tal caso, il cliente conserva tale copia. Qualora non si disponga del documento cartaceo, posto l’obbligo di conservare le fatture ricevute, il forfettario dovrà scaricarne dal sito dell’Agenzia una copia “leggibile” e conservarla su carta (a meno che non scelga la conservazione sostitutiva, anche avvalendosi del servizio delle Entrate).
Questa procedura presuppone però che il forfettario comunichi il proprio “status” al fornitore (adempimento quanto mai opportuno). In mancanza, il cedente/prestatore procederà come quando si emette il documento conoscendo solo la partita Iva del cliente: emissione della fattura con codice “a sette zeri”, trasmissione allo Sdi, messa a disposizione nell’area riservata, comunicazione della disponibilità della fattura nell’area sul sito dell’agenzia, da eseguirsi (preferibilmente) anche mediante consegna di copia analogica della fattura elettronica (punto 3.4, lettera e).
La conservazione segue le stesse regole. In entrambe le ipotesi, considerato che la copia analogica della fattura potrebbe essere resa disponibile dopo l’effettuazione dell’operazione, è bene che l’operatore “visiti” periodicamente la propria area riservata. E ciò, anche perché sussistono comunque gli obblighi di regolarizzazione ex articolo 6, comma 8, Dlgs 471/97, in caso di mancata ricezione della fattura o di ricezione di fattura irregolare.
Diverso è il caso in cui il forfettario comunichi al cedente/prestatore una Pec o un codice destinatario, così come il caso in cui il cessionario/committente abbia registrato il proprio indirizzo telematico alle Entrate: tutte ipotesi in cui è evidente che il forfettario intende comportarsi come un “normale” soggetto passivo, ai fini della ricezione/conservazione elettronica dell’e-fattura.
E se il fornitore acquisisce autonomamente la Pec del cliente forfettario? Potrebbe trasmettere l’e-fattura a tale indirizzo e, se la trasmissione ha esito positivo, non effettuare alcuna comunicazione al cliente. Nella risposta 3.6 sul sito del Consiglio nazionale commercialisti, le Entrate sembrano ammettere (anche se non proprio limpidamente) che, in quest’ipotesi, la fattura possa essere conservata dal forfettario in modalità cartacea. Il che, tuttavia, per le ragioni già esposte, presuppone un monitoraggio costante della casella Pec.
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Matteo Balzanelli
Massimo Sirri