La rivalutazione dei beni d’impresa «supera» il costo storico

Appuntamento con la rivalutazione dei beni dell’impresa nei bilanci del 2018 in chiusura; infatti, la legge di Bilancio 2019, con i commi 940-950, ha riaperto i termini per procedere alla rivalutazione.

L’aggiornamento dei valori è una opportunità da valutare, ad esempio, nel caso di imprese che detengono beni riscattati a seguito del contratto di leasing e tuttora impiegati nel processo produttivo; così pure la rivalutazione è opportuna per gli assets che nei prossimi anni saranno ceduti nonché per il riallineamento dei disavanzi di fusione imputati sul valore dei beni immobili.

La rivalutazione, infatti, consente di sostituire il costo storico del bene con il suo valore effettivo, determinando, in caso di cessione, una minore plusvalenza.

Le regole per rivalutare

Possono accedere alla rivalutazione dei beni di impresa i soggetti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del Tuir, ovvero società di capitali ed enti commerciali, a condizione che non adottino i principi contabili internazionali. Possono aderire tutti i soggetti che rientrano nel reddito di impresa, compresi i contribuenti in contabilità semplificata.

Sono rivalutabili i beni materiali e immateriali iscritti in bilancio alla data del 31 dicembre 2017, comprese le partecipazioni e con esclusione degli immobili alla cui produzione e/o scambio è diretta l’attività di impresa. La rivalutazione deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e deve essere annotata nell’inventario e nella nota integrativa.

Tutti i passaggi per le rivalutazioni

Il maggior valore riconosciuto ai beni in sede di rivalutazione si considera riconosciuto ai fini fiscali con il versamento di una imposta sostitutiva, calcolata sui maggiori valori iscritti in bilancio, pari al 16% per i beni ammortizzabili e al 12% per quelli non ammortizzabili.

Il maggior valore attribuito ai beni per effetto della rivalutazione è riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e Irap a partire dal terzo esercizio successivo a quello in cui è eseguita la rivalutazione; limitatamente ai beni immobili il maggior valore derivante dalla imputazione del disavanzo di fusione è riconosciuto dal 2020.

Ciò significa che, fino al raggiungimento del terzo anno successivo a quello di rivalutazione, alla fine dell’esercizio si calcolerà l’ammortamento sul costo del bene rivalutato ma, ai fini fiscali, non essendo riconosciuto questo valore, si dovrà effettuare una variazione in aumento. L’ammortamento civilistico eccedente quello fiscalmente ammesso comporta l’emersione di un costo temporaneamente indeducibile e quindi lo stanziamento delle imposte anticipate.

Contemporaneamente alla rivalutazione, è consentito effettuare l’affrancamento del saldo attivo, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’Irap e di eventuali addizionali pari al 10 per cento.

La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, quindi in quello relativo all’anno 2018 la cui approvazione è generalmente prevista entro il prossimo 30 aprile 2019.

La rivalutazione secondo le modalità ormai consuete può avvenire secondo tre criteri alternativi:

1) rivalutazione del costo storico e del fondo di ammortamento, mantenendo inalterata l’originaria durata del processo di ammortamento;

2) rivalutazione del solo costo storico, determinando un allungamento del processo di ammortamento, se viene mantenuto inalterato il precedente coefficiente, oppure procedendo con l’incremento del coefficiente se si intende lasciare inalterata la durata del periodo di vita utile del cespite.

3) riduzione del fondo di ammortamento con conseguente stanziamento di ammortamenti su un costo analogo a quello originario.

Si ricorda che la circolare dell’Agenzia 14/E/2017 ha fornito chiarimenti in merito.

Fonte “Il sole 24 ore”