La riduzione dell’aliquota slegata da investimenti e nuova occupazione
Il prelievo scende progressivamente fino a 4 punti (a regime nel 2021)
Il decreto crescita approvato ieri salvo intese dal Consiglio dei ministri prevede anche la sostituzione della mini-Ires con una nuova versione che, con un meccanismo simile ma decisamente più semplice, consente la riduzione progressiva dell’aliquota (sino al 20% nel caso dell’Ires) sugli utili accantonati a riserve disponibili, senza porre alcuna ulteriore condizione di reinvestimento degli stessi utili in beni strumentali o in nuove assunzioni.
Si ricorda che la misura originaria – introdotta dalla legge di Bilancio per il 2019 (legge 145/2018) – recava un nuovo regime di imposizione sui redditi ad aliquota agevolata volto ad incentivare il reinvestimento degli utili per l’acquisizione di beni strumentali materiali nuovi e per l’incremento dell’occupazione che, al verificarsi congiunto di determinate condizioni, attribuiva al contribuente la possibilità di beneficiare della riduzione dell’aliquota dell’imposta sui redditi di 9 punti percentuali. Sin da subito, l’agevolazione era apparsa complessa e di non immediata applicazione, necessitando la contemporanea combinazione di tre parametri: l’ottenimento di un reddito imponibile dichiarato; l’esistenza di un utile d’esercizio del periodo d’imposta precedente non distribuito e accantonato in una riserva di utili diversa da quelle indisponibili; l’effettuazione di investimenti incrementali in beni strumentali nuovi e/o in nuova occupazione la cui quantificazione implicava complessi calcoli.
Con la “mini-Ires 2.0” si conferma la struttura di base dell’agevolazione originaria, ma se ne semplifica considerevolmente il funzionamento, limitando l’incentivo al solo “accumulo” di utili mediante il ricorso a un meccanismo di natura forfetaria.
Se per un verso viene confermato che il reddito imponibile “dichiarato” (non derivante da accertamento) può beneficiare dell’agevolazione fino a concorrenza dell’importo corrispondente agli utili di esercizio accantonati a riserve diverse da quelle di utili non disponibili, per un altro verso, nella nuova versione si stabilisce che il beneficio non debba spettare più nel limite degli investimenti effettuati bensì soltanto nel limite costituito dall’incremento di patrimonio netto, ciò anche per tener conto di quelle eventuali operazioni coi soci (apporti e distribuzioni) che non erano compiutamente disciplinate nella versione originaria dell’incentivo.
A fronte di tali semplificazioni, la mini-Ires 2.0 prevede tuttavia una restrizione del beneficio: la riduzione dell’aliquota dell’imposta sui redditi passa difatti da 9 a 4 punti percentuali. Viene peraltro previsto che tale riduzione entrerà a regime solo dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 (2022 per i soggetti “solari”) con un periodo transitorio che prevede riduzioni di aliquota in misura crescente (1,5% per il 2019, 2,5% per il 2020 e 3,5% per il 2021).
Nel nuovo assetto rimane fermo che per i soggetti solari i primi utili d’esercizio rilevanti ai fini della mini-Ires 2.0 saranno quelli dell’esercizio 2018, i quali, se accantonati nel 2019 in una riserva diversa da quelle indisponibili, renderanno agevolabile – per pari importo – il reddito del 2019 da dichiarare nella dichiarazione del 2020. Come nella versione originaria, nella mini-Ires 2.0 è mantenuta la caratteristica di opzionalità.
Sono confermate altresì le disposizioni di coordinamento per consentirne la fruizione anche a soggetti Irpef e a quelli che aderiscono ai regimi del consolidato nazionale, mondiale o della trasparenza fiscale, nonché la previsione volta a regolare il riporto in avanti delle eccedenze. A tal ultimo riguardo, data l’eliminazione del limite degli investimenti, il meccanismo opererà con esclusivo riferimento alle eccedenze di utile che potrebbero scaturire dalla non perfetta combinazione in un periodo d’imposta dell’utile accantonato e del reddito imponibile dichiarato.
La nuova versione dell’agevolazione continua, peraltro, a essere cumulabile con altre discipline agevolative, quali l’iperammortamento e il reintrodotto super-ammortamento (si veda altro articolo in pagina), fatta eccezione per quelle che prevedono una determinazione forfetaria del reddito imponibile e per quella riconosciuta agli enti non profit e consistente nella riduzione dell’aliquota Ires al 12% ex articolo 6 del Dpr 601/73.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte “Il sole 24 ore”
Carlo Sanna
Alberto Trabucchi
Si ricorda che la misura originaria – introdotta dalla legge di Bilancio per il 2019 (legge 145/2018) – recava un nuovo regime di imposizione sui redditi ad aliquota agevolata volto ad incentivare il reinvestimento degli utili per l’acquisizione di beni strumentali materiali nuovi e per l’incremento dell’occupazione che, al verificarsi congiunto di determinate condizioni, attribuiva al contribuente la possibilità di beneficiare della riduzione dell’aliquota dell’imposta sui redditi di 9 punti percentuali. Sin da subito, l’agevolazione era apparsa complessa e di non immediata applicazione, necessitando la contemporanea combinazione di tre parametri: l’ottenimento di un reddito imponibile dichiarato; l’esistenza di un utile d’esercizio del periodo d’imposta precedente non distribuito e accantonato in una riserva di utili diversa da quelle indisponibili; l’effettuazione di investimenti incrementali in beni strumentali nuovi e/o in nuova occupazione la cui quantificazione implicava complessi calcoli.
Con la “mini-Ires 2.0” si conferma la struttura di base dell’agevolazione originaria, ma se ne semplifica considerevolmente il funzionamento, limitando l’incentivo al solo “accumulo” di utili mediante il ricorso a un meccanismo di natura forfetaria.
Se per un verso viene confermato che il reddito imponibile “dichiarato” (non derivante da accertamento) può beneficiare dell’agevolazione fino a concorrenza dell’importo corrispondente agli utili di esercizio accantonati a riserve diverse da quelle di utili non disponibili, per un altro verso, nella nuova versione si stabilisce che il beneficio non debba spettare più nel limite degli investimenti effettuati bensì soltanto nel limite costituito dall’incremento di patrimonio netto, ciò anche per tener conto di quelle eventuali operazioni coi soci (apporti e distribuzioni) che non erano compiutamente disciplinate nella versione originaria dell’incentivo.
A fronte di tali semplificazioni, la mini-Ires 2.0 prevede tuttavia una restrizione del beneficio: la riduzione dell’aliquota dell’imposta sui redditi passa difatti da 9 a 4 punti percentuali. Viene peraltro previsto che tale riduzione entrerà a regime solo dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 (2022 per i soggetti “solari”) con un periodo transitorio che prevede riduzioni di aliquota in misura crescente (1,5% per il 2019, 2,5% per il 2020 e 3,5% per il 2021).
Nel nuovo assetto rimane fermo che per i soggetti solari i primi utili d’esercizio rilevanti ai fini della mini-Ires 2.0 saranno quelli dell’esercizio 2018, i quali, se accantonati nel 2019 in una riserva diversa da quelle indisponibili, renderanno agevolabile – per pari importo – il reddito del 2019 da dichiarare nella dichiarazione del 2020. Come nella versione originaria, nella mini-Ires 2.0 è mantenuta la caratteristica di opzionalità.
Sono confermate altresì le disposizioni di coordinamento per consentirne la fruizione anche a soggetti Irpef e a quelli che aderiscono ai regimi del consolidato nazionale, mondiale o della trasparenza fiscale, nonché la previsione volta a regolare il riporto in avanti delle eccedenze. A tal ultimo riguardo, data l’eliminazione del limite degli investimenti, il meccanismo opererà con esclusivo riferimento alle eccedenze di utile che potrebbero scaturire dalla non perfetta combinazione in un periodo d’imposta dell’utile accantonato e del reddito imponibile dichiarato.
La nuova versione dell’agevolazione continua, peraltro, a essere cumulabile con altre discipline agevolative, quali l’iperammortamento e il reintrodotto super-ammortamento (si veda altro articolo in pagina), fatta eccezione per quelle che prevedono una determinazione forfetaria del reddito imponibile e per quella riconosciuta agli enti non profit e consistente nella riduzione dell’aliquota Ires al 12% ex articolo 6 del Dpr 601/73.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte “Il sole 24 ore”
Carlo Sanna
Alberto Trabucchi