Per la verifica della sussistenza del reato dichiarazione infedele delle imposte sui redditi nei confronti di un amministratore di società di persone la quantificazione dell’imposta evasa va riferita all’intera somma non dichiarata dai soci e non soltanto dal socio amministratore. A fornire questa interpretazione è la Corte di cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 19228/2019.
La società di persone non è soggetto passivo Ires né Irpef. I redditi sono dichiarati quota parte dai soci che versano la relativa Irpef. Allorché a tale società vengono addebitati maggiori redditi, si pone il dubbio se il rappresentante legale risponda del reato di dichiarazione infedele quando la soglia di imposta evasa superi quella penalmente rilevante (150mila euro) calcolandola come somma dell’Irpef non dichiarata dai singoli soci ovvero soltanto considerando l’Irpef non dichiarata nella propria dichiarazione quale persona fisica/socio.
Dalla lettura del Dlgs 74/2000 sembrava che, ai fini delle imposte sui redditi, la dichiarazione infedele non potesse configurarsi in capo al rappresentante legale della società di persone, ma ai singoli soci, allorché avessero superato nella propria dichiarazione Irpef la soglia di punibilità
Ciò perché tale società non è soggetto passivo né Irpef né Ires e inoltre l’articolo 1 del Dlgs 74/2000 prevede che riguardo ai fatti commessi da chi agisce in qualità di amministratore, o rappresentante di società, il «fine di evadere le imposte» si intende riferito alla società, all’ente o alla persona fisica per conto della quale si agisce.
Così, escludendo che l’amministratore di una snc o sas possa ritenersi un soggetto che agisca per conto del singolo socio, appariva più coerente far riferimento, a differenza dell’Iva, alla dichiarazione del singolo socio posto che solo da essa può derivare un’imposta evasa.
La differenza, non è di poco conto: riferendosi alle singole dichiarazioni dei soci, per configurarsi il reato ciascuna di esse deve sottrarre a tassazione 150mila euro di Irpef, riferendosi alla società di persone l’importo è complessivamente determinato.
Nella specie, secondo la Suprema Corte le norme incriminatrici trovano applicazione, oltre che in caso di coincidenza tra soggetto attivo e contribuente persona fisica, anche nei confronti di chi opera nella qualità di amministratore così da riferirgli la dichiarazione dell’ente. Di conseguenza la finalità di evasione riguarda anche il soggetto giuridico nel cui interesse si agisce. Pertanto, per la dichiarazione infedele, presentata da chi amministri una società di persone, si impone una valutazione unitaria dell’imposta evasa, anche ai fini della verifica della soglia di punibilità.
Tale conclusione, aldilà del contenuto del Dlgs 74/2000 che pare condurre a differente interpretazione, non considera che le società personali non quantificano le imposte sui redditi. Occorrerebbe poi comprendere come calcolare l’imposta evasa atteso che ciascun socio, soggiacendo alla tassazione progressiva (in base agli altri redditi, deduzioni e detrazioni) potrebbe aver evaso importi differenti a parità di imponibile non dichiarato.