Un tema delicato attiene al rapporto tra versamento delle imposte e approvazione del bilancio: aspetto che va risolto alla luce del combinato disposto delle norme civilistiche e tributarie.
Sotto il primo profilo, il Codice civile dispone che l’assemblea ordinaria per le società di capitali debba essere convocata almeno una volta l’anno, per l’approvazione del bilancio di esercizio, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. È peraltro, ammessa la possibilità che – in presenza di determinate circostanze – il bilancio sia approvato entro 180 giorni (cosiddetto temine lungo).
In merito alle situazioni che consentono il ricorso al termine “lungo”, oltre alla necessità di predisporre il bilancio consolidato, la norma fa riferimento a particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto della società: la casistica ha fatto registrare una molteplicità di ipotesi, dalla presenza di sedi secondarie al compimento di operazioni straordinarie, dalla costituzione di patrimoni destinati a specifici affari (articoli 2447-bis e 2447-septies del Codice civile) alla necessità di adeguarsi a nuovi principi contabili (tale conclusione appare confermata da un documento del Cndcec del 16 gennaio 2017).
Come insegna la Cassazione (sentenza 11452/2014), anche ai fini tributari – cioè per verificare se la dichiarazione dei redditi è stata presentata tempestivamente – l’agenzia è chiamata a valutare la ricorrenza nel caso concreto dei motivi che hanno suggerito il differimento del termine di approvazione del bilancio.
Tralasciando gli aspetti meramente civilistici connessi alle vicende descritte, è opportuno descrivere invece gli effetti dei citati termini sugli obblighi tributari, in primis sulla liquidazione delle imposte. Al riguardo rileva innanzitutto l’articolo 17 del Dpr n. 435/2001, in base al quale (nel testo modificato dall’articolo 7-quater, comma 19, del Dl n. 193/2016, con effetto dal 1° gennaio 2017) le società di capitali sono tenute a effettuare il versamento dell’Ires dovuta a saldo in base alla dichiarazione dei redditi, anche nel caso in cui il bilancio non sia stato approvato nei termini previsti dalla legge civilistica. In particolare, qualora il bilancio non sia approvato nel termine stabilito, il versamento dei tributi dev’essere comunque effettuato entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di scadenza del termine stesso (salvo le rateizzazioni di rito).
Ciò significa che l’omessa approvazione del bilancio non esenta né dall’obbligo di versamento delle imposte, né dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. A prescindere dalle cause che hanno condotto alla mancata approvazione, gli amministratori delle società devono comunque adoperarsi per la predisposizione e presentazione della dichiarazione dei redditi sulla base del progetto di bilancio da loro predisposto. Perciò, in assenza di approvazione del bilancio (per le società di capitali) e del rendiconto (per le società di persone), scatta comunque l’obbligo di versamento delle imposte.
In caso contrario, si applicano le sanzioni di cui all’articolo 1, comma 1, del Dlgs n. 471/97. A ciò si aggiungano i riflessi da un lato sotto il profilo della responsabilità individuale degli amministratori, e dall’altro per quanto attiene agli adempimenti inerenti al deposito degli atti presso il Registro delle imprese. Infatti alcuni uffici del Registro ammettono il deposito anche di bilanci non approvati. Ad ogni buon conto, è indispensabile che nel libro delle decisioni dell’organo amministrativo nonché negli atti societari sia “certificato” il contenuto della bozza di bilancio in modo tale da avere un “solido” riferimento oggettivo del contenuto della bozza di bilancio.
Fonte “Il sole 24 ore”