8 Aprile 2014
Accolta la domanda di risarcimento formulata dal contribuente privato dell’autovettura per un debito erariale prescritto da tempo
Il caso. Una contribuente ha impugnato il provvedimento di fermo amministrativo dell’autovettura chiedendone l’annullamento poiché basato su tre cartelle di pagamento portanti crediti (previdenziali e tributari) già prescritti. La donna ha anche chiesto di essere risarcita ex articolo 96 c.p.c., posto che l’Agente della riscossione, di certo a conoscenza della prescrizione dei diritti per cui agiva, aveva comunque notificato il preavviso di fermo e successivamente, pur essendo a conoscenza del ricorso contro il preavviso e della imminente pronuncia sulla sospensiva, aveva proseguito “senza il minimo raziocinio e senza alcuna oculatezza con l’iscrizione del fermo”. La ricorrente ha precisato di essere un’insegnante e di lavorare presso un istituto scolastico parecchio distante dall’abitazione (200 KM) sicché la privazione dell’autovettura le aveva causato notevoli disagi materiali e morali.
Osservazioni della CTP. L’adita CTP di Campobasso, premessa la giurisdizione dell’AGO per i crediti dell’INPS, ha accolto il ricorso della contribuente, limitatamente ai crediti tributari, annullando il fermo e condannando Equitalia al risarcimento dei danni da lite temeraria (art. 96 c.p.c.).
Nel merito, i giudici molisani hanno ritenuto documentalmente provato che il provvedimento opposto fu emesso sulla base di cartelle di pagamento notificate nel 2001, “onde è fin troppo evidente – si legge in sentenza – che quando fu effettuata la notifica del fermo, ovvero il 15 aprile 2013, il credito tributario era ampiamente prescritto per avvenuto decorso del termine ordinario di prescrizione di cui all’art.2946 c.c. È appena il caso di rilevare che l’Equitalia ha solo affermato di avere interrotto il termine di prescrizione ordinaria con la notifica di ulteriori atti, ma non ha affatto provato il suo assunto, nessun valore probatorio potendosi attribuire al prodotto estratto di ruolo ai fini della rituale notifica di atti interruttivi”.
Con riguardo alla domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria, la CTP non ha avuto dubbi circa la sussistenza della responsabilità di Equitalia ex art. 96 comma 2 c.p.c., che è riferibile ai casi in cui, come nella specie, il giudice accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare. Quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo, poi, non è richiesto affatto il dolo o la colpa grave (che pure è ravvisabile nella specie), ma unicamente che il creditore abbia agito senza la normale prudenza, “elemento di cui non si vede come potrebbe ritenersi l’insussistenza nella specie – puntualizza la CTP – trattandosi di diritto abbondantemente prescritto”. A proposito del quantum debeatur, infine, la ricorrente ha dimostrato di avere subito un danno, anche se si può prescindere da tale prova, stante l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità: il danno da lite temeraria è costituito non già dalla lesione della posizione materiale della parte vittoriosa, ma dagli oneri di ogni genere (patema d’animo, perdite di tempo occorrenti per approntare la propria difesa, preoccupazione di potere soccombere di fronte a un evidente abuso dell’autorità) che essa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l’ingiustificata iniziativa della parte avversa e dai disagi in genere sopportati per effetto di quella iniziativa, danni la cui esistenza può essere desunta dalla comune esperienza (v. Cass. n. 6796/2003 e n. 17485/2011).