8 Maggio 2014
Inesistente la notifica eseguita da un soggetto non abilitato a svolgere un pubblico servizio
La vicenda. La controversia trae origine da due avvisi di accertamento TARSU, derivanti dall’infedele presentazione della denuncia prevista dall’articolo 70 del D.Lgs. n. 570/1993. La notifica di tali atti è stata eseguita attraverso il servizio reso da una società di poste private, sicché la parte contribuente ha proposto impugnazione dinanzi alla competente CTP di Benevento, eccependo, fra l’altro, l’illegittimità dell’operato del Comune.
Osservazioni della CTP. Ebbene, il collegio campano ha accolto il ricorso del cittadino, avendo rilevato un vizio insanabile della procedura di notificazione prescelta dall’ente impositore.
Devono infatti essere annullati gli atti di accertamento non notificati dal servizio pubblico (o comunque da società abilitata a svolgere un pubblico servizio), poiché, come evidenziato dal ricorrente, la vigente normativa impone che per la notificazione o la spedizione di un atto, nell’ambito di una procedura amministrativa o giudiziaria, debba essere utilizzato il fornitore del servizio postale universale (art.1, comma 4, D.Lgs.58/2011).
In tal senso si è espressa anche la Suprema Corte, che con la sentenza n. 11098 del 2008 ha precisato che per notificazione di atti e di comunicazioni per posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla Legge 20 novembre 1982 n. 890 deve intendersi il servizio postale di Poste Italiane e non di poste private, così come riconosciuto dal D.Lgs. n. 261/1999 e confermato anche dal D.Lgs. n.58/2011, che all’articolo 4 indica i servizi affidati in esclusiva.
Inutile per il Comune controbattere che gli atti erano comunque pervenuti materialmente nella sfera del destinatario – che aveva proposto tempestivo ricorso – e, soprattutto, che la società, cui era stato affidato il servizio postale, era fornita della regolare autorizzazione rilasciata dal Ministero delle Comunicazioni per la consegna delle raccomandate con e senza avviso di ricevimento. L’ente impositore non ha fornito prova documentale dei suoi assunti.
Buoni motivi per compensare le spese. In conclusione, i giudici beneventani accolgono i ricorsi riuniti del contribuente, compensando le spese di lite in virtù della novità delle questioni trattate e della mancanza di giurisprudenza consolidata “su una tematica che presenta un acceso e contrastante dibattito dottrinario”.