Bonus assunzioni. Stop con il licenziamento

13 Giugno 2014

Il licenziamento, anche se per giusta causa, fa perdere all’azienda i benefici fiscali

L’azienda che licenzia per giusta causa o per giustificato motivo il nuovo assunto perde il bonus fiscale. È quanto emerge dalla sentenza n. 12160/14, pubblicata lo scorso 30 maggio dalla Sezione Tributaria della Cassazione.

Il caso.
 I giudici del Palazzaccio hanno accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata che aveva annullato la revoca del credito d’imposta ex art. 4 L. 449/97 riconosciuto alla società contribuente, a seguito di incremento del livello occupazionale esistente.

Nel caso di specie la revoca è stata motivata con il mancato mantenimento del livello occupazionale nel periodo agevolato perché il lavoratore neo assunto era stato licenziato per giusta causa, mentre un altro dipendente aveva rassegnato le proprie dimissioni.

Nel giudizio davanti alle Commissioni di primo e di secondo grado la contribuente ha negato la violazione dell’articolo 4 della Legge 449 del 1997 perché la riduzione del livello occupazionale non era dipesa dalla sua volontà. Tale argomentazione difensiva ha trovato terreno fertile presso la CTR di Potenza, ma non presso le aule del Palazzaccio, dove ha invece prevalso l’Agenzia delle Entrate.

Orientamento consolidato. Con la sentenza 12160/14 la Suprema Corte riafferma il principio per cui, “in tema di credito d’imposta riconosciuto per l’incremento dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, secondo i requisiti e per l’ambito territoriale di cui all’articolo 4 della l. n. 449/97, la relativa revoca, connessa alla riduzione del livello occupazionale raggiunto, è legittima e opera in modo obiettivo, cioè anche se tale riduzione sia indipendente dalla volontà del datore di lavoro […] e salvo che si verifichi la reintegrazione da parte dell’impresa del precedente livello degli occupati” (cfr. Cass. n. 8736, n. 23796 e n. 4933 del 2013).

L’articolo 4, comma 5, lettera c) della L. 449/97, infatti, “condiziona espressamente l’applicazione delle agevolazioni previste dalla normativa di riferimento al mantenimento, nel periodo agevolato, del livello occupazionale raggiunto con le nuove assunzioni; di conseguenza rimane del tutto indifferente, ai fini della decadenza dal credito di imposta, la circostanza che i rapporti di lavoro così instaurati siano cessati per fatti non imputabili alla volontà del datore di lavoro”.

Nessuna rilevanza in senso contrario può invece attribuirsi alla circolare ministeriale richiamata dalla contribuente (ossia la n. 219/E del 1998), in quanto è noto che tali tipologie di documenti non sono fonti del diritto bensì atti unilaterali della P.A., che li utilizza per disciplinare e indirizzare in modo uniforme l’attività dei propri organi (cfr. Cass. 23796/13 cit. e n. 2850 del 2012).

In conclusione, si deve ritenere che la revoca del credito d’imposta in questione è legittima anche quando la riduzione del personale è totalmente sganciata dalla volontà del datore di lavoro. La CTR di Potenza ha invece sostenuto il contrario, il che ha determinato l’accoglimento, nel merito, del ricorso del Fisco, con conseguente rigetto dell’atto introduttivo del giudizio. Spese di lite compensate.

Autore: Redazione Fiscal Focus