Fisco pesante se l’inquilino è moroso

AFFITTI

Fisco pesante se l’inquilino è moroso
DOMANDA
Nel 2013 si è conclusa la procedura per convalida di sfratto per morosità nei confronti del mio inquilino che dal 2012, dopo tre anni dalla stipula del contratto, non ha più pagato i canoni di locazione relativi a due distinte unità immobiliari, di cui sono usufruttuario: un negozio e un piccolo appartamento contiguo. La procedura si è conclusa prima del termine utile per la presentazione di Unico 2013 e quindi non ho dichiarato i canoni relativi al 2012, ma limitatamente all’unità abitativa, poiché mi è stato detto che sono esclusi da questa regola i canoni delle locazioni a uso diverso dall’abitazione. È corretto il comportamento che ho tenuto?P.C. – LODI
RISPOSTA
In molti casi la morosità degli inquilini si riflette sul proprietario, costretto a pagare le imposte anche su canoni che non ha incassato: non si tratta, però, di una regola assoluta, dal momento che la legge prevede qualche (limitata) eccezione. Ma andiamo con ordine. In generale i redditi delle persone fisiche – esclusi quelli conseguiti in regime di impresa – vanno dichiarati e assoggettati a tassazione soltanto nell’anno in cui avviene la loro materiale percezione: è il cosiddetto criterio di cassa. Questo principio incontra una deroga per i redditi fondiari – e in particolare dei fabbricati – che scontano il prelievo d’imposta semplicemente al verificarsi della loro maturazione. L’articolo 26 del Tuir, infatti, presuppone il mero possesso dell’immobile (a titolo di proprietà, usufrutto e di ogni altro diritto reale), sia esso tenuto a disposizione che ceduto in locazione. Perciò, nell’ipotesi in cui l’inquilino non paghi i canoni, il locatore dovrà comunque farli concorrere alla formazione del proprio reddito complessivo. Considerati gli effetti penalizzanti che derivano da questa norma, è previsto un temperamento – anche se articolato e circoscritto – che esclude l’imponibilità del reddito immobiliare non percepito (in questa eventualità, il possessore dell’unità immobiliare sarà, comunque, tenuto ad assoggettare a tassazione la rendita catastale), in presenza delle seguenti condizioni: 1) che la locazione sia a uso abitativo; 2) che il mancato pagamento dei canoni derivi dalla morosità del conduttore; 3) che quest’ultima venga accertata giudizialmente a seguito del procedimento per convalida di sfratto per morosità. Queste condizioni devono essere concomitanti e, pertanto, se la morosità nel pagamento riguarda un immobile commerciale (negozio, ufficio, capannone), il locatore dovrà pagare l’Irpef, anche se ha esperito il procedimento di convalida di sfratto, poiché la norma in questo caso non gli attribuisce alcun effetto fiscale (circolare 150/1999 del ministero delle Finanze). Questa “discriminazione” ha generato un inevitabile contrasto interpretativo, nell’ambito del quale, secondo un orientamento più garantista, anche la morosità che si manifesta nella locazione di immobili non abitativi autorizza a non dichiarare i canoni non percepiti, secondo il codificato principio di capacità contributiva (Cassazione, sentenza n. 6911/2003). È importante mettere in evidenza che questa composita tematica è stata comunque riequilibrata dalla Corte costituzionale (sentenza n. 362 del 26 luglio 2000), attraverso la formulazione di principi perequativi di portata generale, che come tali trovano applicazione indistintamente, sia ai rapporti locativi di natura abitativa che commerciale. Nel dettaglio, la Consulta ha statuito che: • il riferimento al canone di locazione potrà operare nel tempo solo fin quando risulterà in vita un contratto di locazione e quindi sarà dovuto un canone in senso tecnico; • tornerà in vigore la regola generale, e quindi si potrà evitare la tassazione, quando la locazione sia cessata per scadenza del termine (articolo 1596 del Codice civile) e il locatore pretenda la restituzione dell’immobile essendo in mora il locatario per il relativo obbligo, oppure quando si sia verificata una qualsiasi causa di risoluzione del contratto, ivi comprese quelle di inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa e di dichiarazione di avvalersi della clausola (articolo 1456 del Codice civile), o di risoluzione a seguito di diffida ad adempiere (articolo 1454 del Codice civile). Pertanto, la presenza nel contratto di una clausola risolutiva dello stesso e la dichiarazione di avvalersene al ricorrere dei sopravvenuti presupposti (quale, appunto, la morosità del locatario) sono da ritenere elementi sufficienti a legittimare il locatore a non dichiarare i canoni non riscossi (Cassazione sentenza n. 12905/2007), senza necessariamente attendere un eventuale pronuncia giudiziale: l’attivazione di quest’ultima sarà, invece, richiesta per far accertare anche la morosità di anni pregressi, finalizzata all’utilizzo del credito d’imposta. Attenzione: queste regole di favore si estendono a qualsiasi tipologia di immobile compreso nel rapporto di locazione, dal momento che il giudice delle leggi non fa alcuna distinzione fra unità abitativa e commerciale. È importante ricordare che qualora venga esercitata la facoltà di risolvere anticipatamente il rapporto contrattuale rispetto alla a scadenza naturale, occorre segnalare la circostanza all’anagrafe tributaria. L’esecuzione di questo obbligo persegue nel contempo anche lo scopo di dare coerenza e giustificazione alla più ridotta consistenza reddituale del locatore in conseguenza del mancato incasso dei canoni (si veda l’Esperto risponde del 10 febbraio 2014). Tutte queste considerazioni valgono a prescindere dal regime impositivo prescelto dal contribuente, ordinario o della cedolare secca. Il principio di tassazione in base alla maturazione del reddito fondario dei fabbricati trova infine un’ulteriore attenuazione nell’articolo 36, Tuir, che consente al contribuente di evitare il prelievo Irpef sul reddito derivante dall’immobile qualora quest’ultimo venga sottoposto a lavori di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia. Gli interventi devono essere supportati dai titoli abilitativi richiesti dalla normativa edilizia, e l’esimente impositiva sarà conseguibile per tutto il periodo di validità del provvedimento amministrativo. Questa esimente opera sia per la rendita catastale che per i canoni di locazione: infatti, anche se ci fosse un rapporto locativo, sarebbe sospeso o risolto in anticipo per consentire i lavori. Anche in questo caso, questa eccezione vale sia in relazione agli immobili a destinazione abitativa che commerciale. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CASO RISOLTO ESENTE L’INDENNITÀ DI OCCUPAZIONE Qualora il conduttore venga messo in mora, non in relazione all’omesso pagamento dei canoni, ma al mancato rilascio dell’immobile alla scadenza del contratto, gli importi da lui pagati successivamente a questo termine potranno essere riqualificati dal proprietario come indennità occupazione locali. Questi, infatti, se introitati come indennizzo per un danno (emergente) e non sostitutivi o integrativi di reddito (lucro cessante) assumeranno natura e funzione risarcitoria e come tale perderanno rilevanza reddituale (articolo 6, Tuir). A questo scopo tuttavia occorre che sia stata manifestata un’inequivocabile volontà da parte del proprietario, contraria alla prosecuzione della locazione (circolare 43/E/2007; circolare 50/E/2002 paragrafo 2; risoluzioni ministeriali n. 27/1997 e 560661/1991). © RIPRODUZIONE RISERVATA Le tappe (vedi grafico) NORME E CIRCOLARI Occupazione abusiva dell’immobile Il reddito fondiario (rappresentato dalla rendita catastale) va in ogni caso dichiarato dal possessore anche qualora l’immobile venga temporaneamente sottratto alla sua disponibilità. È l’ipotesi che può verificarsi, ad esempio, nelle situazioni di occupazione abusiva dell’immobile, fermo restando il diritto al risarcimento del danno derivante dalla perdita della disponibilità del fabbricato. • Circolare ministeriale 150/1999 Morosità del conduttore: Corte costituzionale e conferme recenti della Cassazione La Corte di cassazione, nel ribadire il principio formulato dalla Corte costituzionale, ha fornito un’interpretazione estensiva dell’articolo 26 del Tuir, in base alla quale i canoni di locazione (a uso abitativo e diverso) non percepiti per morosità del locatario sono tassabili fino a che non sia intervenuta la risoluzione, anche non giudiziale, del contratto. • Articolo 26 del Tuir. • Corte costituzionale, sentenza 362/2000 • Cassazione, sentenze n. 11158/2013, 22588/2012 e 651/2012 Effetti della risoluzione del contratto La risoluzione consensuale del contratto di locazione, in assenza di una manifestazione inequivoca di volontà delle parti che vada in tal senso non può produrre effetti retroattivi. • Cassazione, sentenze n. 24444/2005 e 12905/2007 Immobili patrimonio dell’impresa Le disposizioni sopra riportate assumono rilevanza anche ai fini della determinazione del reddito d’impresa per gli immobili patrimonio (diversi, cioè, dai beni strumentali, e da quelli alla cui produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa) che concorrono a formare il reddito come redditi fondiari. • Articolo 90 del Tuir • Circolare ministeriale 150/1999
Quesito con risposta a cura di Alfredo Calvano | 24/02/2014 – Il sole 24 ore