24 Ottobre 2014
Cassazione Civile, sentenza pubblicata il 23 ottobre 2014
Il socio di una SRL ha convenuto in giudizio gli amministratori della stessa, lamentando di aver subito un danno dalla risoluzione di alcuni contratti di vendita vantaggiosi per la società.
L’adito Tribunale ha dichiarato inammissibile la domanda, qualificata ai sensi dell’articolo 2395 c.c., rilevando che nella specie il danno si era prodotto nella sfera patrimoniale dell’attore solo di riflesso, atteso che pregiudicata in via immediata dalla condotta dei convenuti era la stessa società.
La Corte d’appello di Torino ha confermato il verdetto del Tribunale. Di qui il ricorso del socio ai supremi giudici.
Ebbene, in un passaggio chiave delle motivazioni della sentenza pubblicata ieri, la Prima Sezione Civile del Palazzaccio ha sostenuto che l’azione individuale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l’articolo 2395 cod. civ. esige che il singolo socio sia stato danneggiato “direttamente” dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società.
La mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione, ad avviso degli Ermellini, non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all’eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale, la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell’amministratore (cfr. Cass., Sez. III, n. 4548/12).
Ne è derivato il rigetto del ricorso del socio, con condanna del medesimo alle spese processuali liquidate dalla Suprema Corte in complessivi euro 20mila, di cui 200 euro per esborsi oltre accessori di legge e spese forfettarie.