Split payment: risvolti contabili e finanziari

14 Gennaio 2015
Premessa – Con il nuovo meccanismo dello split payment, introdotto dalla Legge di Stabilità 2015, si traslano gli obblighi di versamento dell’imposta, nei rapporti con gli enti pubblici espressamente indicati nel novellato art. 17 – ter, D.P.R. 633/1972, dal soggetto cedente/prestatore all’ente pubblico; quest’ultimo, in luogo di corrispondere l’IVA al soggetto fornitore, la verserà direttamente all’Erario, secondo modalità e termini fissati con decreto del ministro dell’economia di prossima emanazione.Operazioni escluse – Le uniche operazioni escluse dal nuovo meccanismo sono quelle per le quali l’ente pubblico è debitore d’imposta in quanto soggetto agli obblighi di reverse charge e, inoltre, i compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito.

Efficacia temporale – La nuova disciplina, come chiarito dal comunicato stampa del Mef (che anticipa il decreto attuativo) n. 7 del 09.01.2015, si applica alle operazioni fatturate a partire dal 1° gennaio 2015, per le quali l’esigibilità dell’imposta si verifichi successivamente alla stessa data.

I risvolti contabili – A partire dal 1° gennaio, dunque, le imprese che intrattengono rapporti con le P.A. dovranno gestire con particolare attenzione le suddette operazioni, tenendo conto che la relativa IVA va annotata nel registro vendite, ma non concorrerà alla liquidazione IVA periodica.

Da un punto di vista pratico, va in primo luogo chiarito casa va indicato in fattura e successivamente procedere ad identificare le relative registrazioni contabili.

In merito al primo aspetto, nella fattura, relativa ad operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2015, andrà indicato che l’IVA non verrà mai incassata dal cedente ai sensi dell’art. 17 –ter del D.P.R. 633/1972 (split payment). Tale IVA andrà stornata dal totale della fattura.

Ad esempio, se l’impresa emette fattura di 10.000,00 euro + IVA 22%, questa dovrà indicare:

– che l’IVA di euro 2.200,00 sarà versata dal committente ai sensi dell’articolo 17-ter D.P.R. 633/72;
– indicherà il totale fattura per euro 12.200 (10.000,00 + 2.200,00);
– indicherà come netto da pagare euro 10.000,00.

Da un punto di vista contabile, l’impresa registrerà il credito verso l’ente pubblico, annotando in contropartita l’IVA – split payment e la voce di ricavo. Al fine di non far concorrere la suddetta IVA alla liquidazione periodica, l’IVA andrà stornata dal totale del credito acceso verso l’ente pubblico o contestualmente alla registrazione della fattura o con un’apposita scrittura.

In sostanza:

– si registrerà Crediti v/ente pubblico a IVA split payment e Ricavi;

– si stornerà l’IVA con apposita scrittura.

Le fatture emesse nel 2014 continuano a soggiacere al regime naturale dell’esigibilità differita di cui all’articolo 6, comma 5 del D.P.R. 633/72; per tali ultime operazioni all’atto dell’incasso sarà necessario esclusivamente registrare il sorgere del debito IVA e stornare il conto IVA a debito differita.

I risvolti finanziari – Da un punto di vista finanziario, le imprese che hanno come committenti prevalentemente enti pubblici, si troveranno con un costante credito IVA, che certamente potrà causare crisi di liquidità. Per far fronte a tale situazione, l’imminente decreto del ministro dell’Economia dovrà provvedere a inserire i soggetti in questione tra coloro a cui spetta il rimborso IVA in via prioritaria.

In caso di volumi d’affari elevati con le P.A., che portino ad avere eccedenze di credito superiori a euro 700.000,00, si dovrà fai conti con il limite annuale di compensazione.

Per quanto riguarda il limite annuale di compensazione si ricorda che l’art. 9 D.L. 35/2013, a decorrere dal2014, ha aumentato da € 516.456,90 a € 700.000 il limite di crediti fiscali e contributivi che possono essere compensati mediante modello F24.

Altra questione da non sottovalutare è le necessità che per utilizzare l’eccedenza di credito IVA di importo rilevante sarà necessaria l’apposizione del visto di conformità in dichiarazione.

Questi aspetti sono connessi ad altre recenti novità legislative.
Da un lato, l’obbligo dal 2016 (sempre previsto dalla Legge di Stabilità 2015) si presentare la Dichiarazione IVA in forma autonoma entro il 28.02 dell’anno successivo a quello di riferimento.

Dall’altro, la modifica dell’art. 38 – bis del D.P.R. 633/1972 ad opera dell’art. 13 del D.Lgs. Semplificazioni fiscali (D.Lgs. 175/2014, pubblicato nella G.U. 28.11.2014 n. 288) con la modifica pressoché integrale della disciplina in materia di rimborsi Iva. Il novellato co. 1 dell’art. 38 – bis del D.P.R. 633/1972, il quale prevede che:

– i rimborsi previsti nell’art. 30, D.P.R. 633/1972, sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annualeentro 3 mesi dalla presentazione della dichiarazione.

Dunque, il disposto combinato delle richiamate disposizioni prevede l’ottenimento del rimborso IVA entro il 30 maggio dell’anno successivo a quello di riferimento.

Si pone però il problema della eventuale presentazione della garanzia.

Il nuovo art. 38-bis, D.P.R. 633/1972, prevede che i rimborsi eccedenti la soglia di euro 15.000 possano essere eseguiti senza la presentazione della garanzia:
• previa presentazione della relativa dichiarazione o istanza (trimestrale) da cui emerge il credito richiesto a rimborso recante il visto di conformità o la sottoscrizione alternativa dell’organo di controllo;

• a condizione che alla dichiarazione o istanza sia allegata una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, a norma dell’art. 47 D.P.R. 445/2000, che attesti la sussistenza delle seguenti condizioni in relazione alle caratteristiche soggettive del contribuente:

1. il patrimonio netto non è diminuito, rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40%;

2. la consistenza degli immobili non si è ridotta, rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40% per cessioni non effettuate nella normale gestione dell’attività esercitata;

3. l’attività stessa non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di aziende o rami di aziende compresi nelle suddette risultanze contabili;

4. non risultano cedute, se la richiesta di rimborso è presentata da società di capitali non quotate nei mercati regolamentati, nell’anno precedente la richiesta, azioni o quote della società stessa per un ammontare superiore al 50% del capitale sociale;

5. sono stati eseguiti i versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi.

Autore: Rredazione Fiscal Focus