Distruzione scritture. Il furto dell’auto non salva dalla condanna – Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti
Cassazione Penale, sentenza depositata il 19 ottobre 2015
- Il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili si configura anche nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria abbia potuto ricostruire induttivamente il reddito d’impresa. La ricostruzione per via presuntiva non è certamente equiparabile a quella realizzabile sulla base della documentazione contabile.
È quanto emerge dalla sentenza n. 41830/2015 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione.
Gli ermellini hanno rigettato il ricorso proposto da un soggetto accusato di vari reati tra cui quello fiscale previsto dall’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000.
L’uomo non aveva ottemperato alla richiesta dei verificatori di esibire la documentazione contabile dell’azienda, assumendo che fosse stata rubata unitamente all’autovettura di sua proprietà in cui detta documentazione si trovava custodita. Giustificazione questa che in giudizio non ha retto.
Per il giudice dell’appello, che ha ritenuto configurato il reato fiscale in contestazione, i documenti contenuti nel veicolo rubato non erano le scritture contabile obbligatorie, ma semplicemente “varie fatture e foglietti” come affermato dallo stesso imputato nella denuncia presentata all’A.G.
In ogni caso era irrilevante che fosse stato possibile ricostruire il reddito d’impresa, posto che la ricostruzione in via presuntiva non è equiparabile a quella realizzabile sulla base della documentazione contabile non esibita.
Ebbene, la Suprema Corte ha reso definitivo il verdetto di responsabilità pronunciato dal giudice di secondo grado.
La Corte territoriale, con motivazione adeguata secondo gli ermellini, ha ritenuto certa la distruzione o, comunque, l’occultamento delle scritture obbligatorie a opera dell’imputato.
A proposito del furto dell’auto, in particolare, il collegio territoriale ha smontato la tesi difensiva facendo riferimento alla denuncia di furto dalla quale è emerso che all’interno dell’autovettura c’erano solamente – per come dichiarato dall’imprenditore – “varie fatture e fogliettini relativi alla mia attività lavorativa”; quindi documenti che non potevano certo identificarsi con le scritture contabili obbligatorie. A ciò si è aggiunta la constatazione che dopo l’asserita sottrazione da parte di terzi, “non erano state ripristinate” le scritture in questione.
Ma la sentenza di seconde cure, secondo gli ermellini, è pure conforme alla giurisprudenza di legittimità formatasi con riguardo al reato contemplato dall’art. 10 del D.Lgs. n.74/2000: proprio perché la norma intende assicurare la trasparenza fiscale del contribuente, è irrilevante che la ricostruzione delle operazioni non documentate sia effettuata ab externo, attraverso riscontri incrociati, presso i soggetti economici cui si riferiscono quelle operazioni. La norma, infatti, si legge in sentenza, “sarebbe sostanzialmente inutiliter data ove si attribuisse alla solerzia degli accertatori ed alla loro capacità di reperire aliunde elementi di prova una sorta di efficacia sanante dell’illecita condotta dell’imprenditore. Ben difficilmente infatti questa condotta sarebbe sanzionata dal momento che in materia, di regola, in un modo o nell’altro, prima o poi, eventualmente procedendo a controlli incrociati, l’evasione fiscale viene scoperta. Essa per contro, acquista una precisa ragion d’essere anche perché responsabilizza l’imprenditore allorché si interpreta nel senso che la ricostruzione dei redditi e del volume di affari dell’impresa deve poter avvenire con i documenti che il titolare è tenuto a conservare – escluso pertanto qualsiasi riferimento a un impossibilità assoluta di procedere a tale ricostruzione“.