Si applica la prescrizione quinquennale – e non quella decennale – ai crediti portati dalle cartelle di pagamento che non sono state precedute da un atto d’accertamento divenuto definitivo. È quanto emerge dall’ordinanza n. 20213/15 della Corte di Cassazione – Sesta Sezione (T) -, pubblicata l’8 ottobre.
Dunque la CTP e la CTR hanno ritenuto applicabile al caso di specie il termine di prescrizione di cui all’art. 2948 del Codice civile e non quello stabilito dall’art. 2946, come invece sostenuto dal concessionario della riscossione.
Ebbene, la controversia è approdata in Cassazione dove Equitalia ha subito una definitiva battuta d’arresto.
In motivazione si legge: “premesso che la parte ricorrente ha dato generico conto della sequenza temporale delle intervenute notificazioni delle cartelle di pagamento (sicché, quand’anche volesse considerarsi ciò che si assume in ricorso a proposito di rispetto del termine breve di prescrizione, o meglio del termine decadenziale previsto per la notifica degli atti esattivi, il motivo sarebbe difettoso in punto di autosufficienza), resta comunque che la giurisprudenza che la parte ricorrente ha valorizzato in ricorso a proposito della applicabilità del termine di prescrizione ordinaria è tutta riferibile a titoli di accertamento-condanna (amministrativi o giudiziari) divenuti definitivi, non già invece a cartelle esattive che – se adottate in virtù di procedure che consentono di prescindere dal previo accertamento dell’irretrattabilità e definitività dell’esistenza del titolo – non possono per questo considerarsi rette dall’irretrattabilità e definitività del titolo di accertamento e ripetono la loro legittimità (sotto il profilo della tempestività della procedura di notifica alla parte destinataria) dalla legge che le regola”.
E allora la Suprema Corte conclude dicendo che, “per poter postulare l’applicabilità alla specie di causa del termine di prescrizione decennale”, Equitalia avrebbe dovuto “indicare l’esistenza di un titolo definitivo a pretendere, antecedente all’emissione delle cartelle, di cui non è stata fatta menzione alcune”.
In conseguenza del rigetto del ricorso, il concessionario è stato condannato a pagare un ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, TUSG. Nulla sulle spese.