Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti
Premessa – Ogni anno i professionisti sono chiamati a liquidare e versare i contributi alla cassa di appartenenza e ogni volta il dubbio che sorge, è sempre lo stesso: tali contributi sono da considerarsi oneri deducibili dal reddito complessivo (ai sensi dell’art. 10 del TUIR) o oneri deducibili da reddito professionale (ai sensi dell’art. 54 del TUIR)?
Sul tema vi è un forte contrasto tra prassi amministrativa (Agenzia delle Entrate) e giurisprudenza (Corte di Cassazione), configurandosi così un’obiettiva incertezza sulla portata della norma.
Secondo l’Agenzia delle Entrate trattasi di onere deducibile dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10 del TUIR e quindi da riportare nel quadro RP del Modello Unico, mentre per la Cassazione si tratta di onere deducibile dal reddito professionale poiché costo inerente all’attività esercitata.
La tendenza del contribuente è di considerare tali contributi come onere deducibile dal reddito di lavoro autonomo poiché si preferisce seguire l’orientamento di un organo che fissa un principio di legge qual è appunto la Cassazione, con il rischio di subire un accertamento dalla parte del fisco (il cui orientamento è fissato attraverso circolari e risoluzioni interne prive, invece, di effetto “normativo”).
L’orientamento giurisprudenziale – Il predetto orientamento della Corte di Cassazione è contenuto nella sentenza n. 2781/2001 (confermato altresì nell’ordinanza n. 1939/2009), in cui il giudice ha espressamente ritenuto che “a norma dell’art. 10, comma 1 , lettera i) del d.p.r. 597/1973, dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo e purché risultino da idonea documentazione, i contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge. Nel caso di specie, i contributi previdenziali in questione erano deducibili in sede di determinazione del reddito professionale. L’art. 50 (oggi art. 54), 1° comma, del d.p.r. 597/1973 consente, infatti, per la determinazione del reddito di lavoro autonomo, la deduzione delle spese “inerenti” all’esercizio dell’arte o professione effettivamente sostenute nel periodo d’imposta. Ora, i contributi versati dai notai alla cassa Nazionale del Notariato sugli onorari loro spettanti sono indubbiamente “inerenti”, e cioè connessi, all’attività professionale svolta. Non si può limitare, come fa il contribuente, il concetto di “inerenza” alle sole spese necessarie per la produzione del reddito ed escluderlo per quelle che sono una conseguenza del reddito prodotto. Tale distinzione non si rinviene nella legge e non è neppure ricavabile dall’aggettivo “inerente” usato dal legislatore, in quanto esso, per la sua genericità, postula un rapporto di intima relazione tra due cose o idee che si può verificare sia quando l’una sia lo strumento per realizzare l’altra sia quando ne sia l’immediata derivazione”.
Dunque, per i giudici i contributi previdenziali e assistenziali in questione sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo, per il semplice fatto che l’articolo 54 del TUIR (prima articolo 50 del TUIR) rimanda al principio “dell’inerenza”, da seguire nell’individuazione dei costi da poter dedurre ai fini della determinazione del reddito professionale imponibile. Come evidenziato nella predetta sentenza, infatti, per la Cassazione, i costi della professione non sono solo quelli necessari alla produzione del reddito, ma anche quelli che da esso derivano (la difesa dell’Agenzia delle Entrate era, invece, basata sul fatto che tali contributi “costituiscono un onere dovuto a posteriori, e quindi una conseguenza del reddito prodotto e non già una spesa necessaria per la produzione del reddito deducibile ex art. 50 del d.p.r. 597/1973, con la conseguenza che non possono considerarsi costi inerenti”).
L’orientamento dell’Agenzia delle Entrate – Secondo l’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n. 79/E/2002) “i contributi versati dai professionisti alle casse professionali non sono altro che contributi obbligatori per legge, versati per finalità previdenziali e assistenziali. Com’è noto, tutti i contributi aventi tali finalità costituiscono, per la generalità dei contribuenti, oneri deducibili dal reddito complessivo. Infatti, l’articolo 10, comma 1, lettera e), del TUIR prevede espressamente che i contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge sono deducibili dal reddito complessivo del contribuente. Il primo periodo del comma 1 dell’articolo 10 stabilisce, inoltre, che la deducibilità dal reddito complessivo di tali oneri è consentita a condizione che gli stessi non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo. L’articolo 50 (oggi art. 54) del TUIR, nel disciplinare la determinazione del reddito di lavoro autonomo, non prevede tra le spese deducibili i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori per legge. Né appare condivisibile l’indirizzo giurisprudenziale, peraltro non univoco (si veda al riguardo anche la decisione dell’8 luglio 1992, n. 4362 della Comm. Trib. Centrale), espresso dalla Corte di Cassazione che riconduce i suddetti contributi nell’ambito delle spese sostenute nell’esercizio dell’attività professionale. Le spese afferenti l’attività professionale sono infatti quelle sostenute per lo svolgimento di attività o per l’acquisizione di beni da cui derivano compensi che concorrono alla formazione del reddito professionale. E’ necessario, pertanto che sussista una connessione funzionale, anche indiretta, dei costi ed oneri sostenuti rispetto alla produzione dei compensi che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo. I contributi previdenziali e assistenziali sono invece versati al fine di garantire al lavoratore una posizione pensionistica e una assistenza personale al verificarsi di determinati eventi (ad esempio la malattia o l’infortunio del lavoratore) e pertanto attengono esclusivamente alla sfera personale del lavoratore. La peculiarità del fine di tutela del singolo assicurato esclude, quindi che possa trattarsi di un costo sostenuto in funzione della produzione del reddito di lavoro autonomo. Non appare rilevante inoltre la circostanza che i contributi in esame siano commisurati all’ammontare degli onorari percepiti dal professionista; tale importo costituisce, infatti, solo la base di commisurazione per determinare l’ammontare dei contributi dovuti alla Cassa. Si ritiene quindi che i contributi in esame possano essere dedotti esclusivamente dal reddito complessivo del contribuente ai sensi dell’articolo 10 comma 1, lettera e), del Tuir”.
In conclusione, per l’Amministrazione finanziaria, i contributi in questione sono da dichiarare nel quadro RP della dichiarazione dei redditi e non nel quadro RE del Modello Unico del professionista.