Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti
Oltre il nuovo “limite” del valore normale, i costi sostenuti con operatori paradisiaci saranno deducibili ove sussista il vantaggio economico dell’operazione. E’ quanto prevede il nuovo art. 110, co. 10 e ss. del D.P.R. 917/1986 dopo le modifiche introdotte dal Decreto crescita e internalizzazione (D.lgs. 147/2015, pubblicato sulla G.U. n. 220 del 22.09.2015). Le modifiche normative si applicano dal periodo d’imposta 2015 e pertanto ne dovremo tener conto già dalla presentazione del Modello UNICO 2016.
Entrando più nel dettaglio, la nuova normativa sulla deducibilità dei costi sostenuti con operatori paradisiaci prevede la piena deducibilità entro il limite del valore normale (la cui individuazione ancora non è del tutto chiara), rinviando la deduzione per la parte che eccede il valore normale alla dimostrazione del vantaggio economico dell’operazione.
Orbene, la dimostrazione della citata condizione non è affatto semplice e implica per l’impresa il porre in essere di un vero e proprio confronto di convenienza dell’operazione posta in essere con quella che in alternativa avrebbe dovuto realizzare. Vediamo nello specifico come.
Addio all’esimente dell’effettiva attività commerciale – Prima di analizzare come dimostrare il vantaggio economico dell’operazione, è appena il caso di evidenziare che per fortuna il Legislatore nella nuova formulazione dell’art. 110, co. 10, D.P.R. 917/1986 ha eliminato la tortuosa ipotesi della dimostrazione dell’effettiva attività commerciale.
A tal proposito è appena il caso di ricordare che la stessa Amministrazione Finanziaria, con la R.M. 46/E/2004, aveva indicato, a titolo esemplificativo, una serie di dati e documenti ritenuti idonei a dimostrare l’esercizio dell’attività commerciale (il bilancio e atto costitutivo del fornitore paradisiaco; un prospetto descrittivo dell’attività esercitata; i contratti di locazione degli immobili utilizzati come sede degli uffici e dell’attività; la copia delle fatture delle utenze elettriche e telefoniche; ecc..).
La suddetta condizione era praticamente inutilizzata da parte del contribuente, data l’elevata difficoltà insita nel reperire la necessaria documentazione.
Il vantaggio economico dell’operazione – Per dedurre la parte di costo che eccede il valore normale, al contribuente, una volta individuato il valore normale dell’operazione, non resta che predisporre l’adeguata documentazione dalla quale si evinca in modo inequivocabile che sussiste un effettivo vantaggio economico dalle operazioni poste in essere.
Riguardo a tale condizione, l’Amministrazione Finanziaria nella C.M. 51/E/2010 ha chiarito che la valutazione della sua sussistenza va effettuata tenendo conto di tutti gli elementi e le circostanze che caratterizzano il caso concreto, attribuendo rilevanza alle condizioni complessive dell’operazione, quali ad esempio:
- il prezzo della transazione;
- la presenza di costi accessori, quali, ad esempio, quelli di stoccaggio, magazzino;
- le modalità di attuazione dell’operazione (ad esempio, i tempi di consegna);
- la possibilità di acquisire il medesimo prodotto presso altri fornitori;
- l’esistenza di vincoli organizzativi/commerciali/produttivi che inducono ad effettuare la transazione con il fornitore Black list o comunque, che renderebbero eccessivamente onerosa la medesima transazione con altro fornitore.
L’analisi congiunta di tali elementi evidenzia che il fine ultimo, a parere dell’Amministrazione Finanziaria, è dimostrare che il comportamento adottato dall’impresa italiana deve risultare vantaggioso sotto il profilo imprenditoriale e, al contempo, che la stessa operazione non sarebbe realizzabile con altro fornitore.
La visione “restrittiva” dell’Amministrazione Finanziaria è stata ampliata dalla giurisprudenza di merito. Ci si riferisce in particolare alla sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle Marche, sez. III, del 22 giugno 2010, n. 5, nella quale è stato chiarito che l’effettivo interesse economico dell’operazione si rinviene a condizione che le operazioni siano effettivamente svolte a condizioni di mercato e che l’impresa abbia posto in essere un operazione in grado di generare profitto, a prescindere dalla dimostrazione della maggiore convenienza della stessa rispetto a quella di altri fornitori.
Più di recente, nella sentenza della Corte di Cassazione dell’8 maggio 2013, n. 10749, la Suprema Corte ha ritenuto che le operazioni poste in essere dall’impresa residente rispondessero ad un effettivo interesse economico, specificando che per tale si intendono “non solo prezzi competitivi ma anche altri fattori, quali la puntualità nelle forniture e la serietà del fornitore in genere”.
La condotta del contribuente non deve essere riconducibile a manovre elusive poste in essere con il solo scopo di ridurre il carico fiscale. Pertanto sarà necessario evidenziare quali sono i reali vantaggi dell’operazione e per quale motivo si è scelto di acquistare beni o servizi dal fornitore localizzato in un paradiso fiscale.