Omessa IVA. A rischio la causa di non punibilità e la soglia più alta

Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti

Il Tribunale di Varese chiede un parere alla CGUE

Lo scorso 22 ottobre è entrata a regime la riforma dei reati tributari ad opera del D.Lgs. n. 158/2015. Tale decreto, fra l’altro, ha innalzato la soglia minima di rilevanza penale per il caso di omesso versamento dell’IVA – detta soglia da 50 mila è salita a 250 mila euro per ciascun periodo d’imposta – e stabilito una causa di non punibilità, nel senso che il contribuente non è punibile ai sensi dell’art. 10 ter del D.Lgs. n. 74/2000 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede all’integralmente pagamento di quanto dovuto all’Erario, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, oltreché del ravvedimento operoso.

Queste due importanti novità in materia di reati fiscali sono ora finite sotto la lente d’ingrandimento del Tribunale di Varese che, sospettando la loro non compatibilità con il diritto dell’Unione, ha chiesto “lumi” sul punto alla Corte di Giustizia del Lussemburgo sospendendo, nel frattempo, il procedimento a carico di un amministratore di società.
Il Tribunale di Varese, visto l’art. 267 TFUE, ha chiesto alla CGUE di chiarire:

  • se il diritto europeo, e in particolar modo il combinato disposto degli artt. 4.1, paragrafo 3, TUE, 325 TFUE e dalla direttiva 2006/112 che prevedono l’obbligo di assimilazione in capo agli Stati membri per quanto riguarda le politiche sanzionatorie, possa essere interpretato nel senso che osti alla promulgazione di una norma nazionale che preveda che la rilevanza penale dell’omesso versamento dell’IVA consegua al superamento di una soglia pecuniaria più elevata rispetto a quella stabilita in relazione all’omesso versamento dell’imposta diretta sui redditi;
  • se il diritto europeo, e in particolar modo il combinato disposto degli artt. 4, paragrafo 3, TUE, 325 TFUE e dalla direttiva 2006/112 che impongono l’obbligo a carico Stati membri cli prevedere sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate a tutela degli interessi finanziari della UE, possa essere interpretato nel senso che osti alla promulgazione di una norna nazionale che escluda la punibilità dell’imputato (sia esso amministratore, rappresentante legale, delegato a svolgere funzioni di rilevanza tributaria ovvero concorrente nell’illecito), qualora l’ente dotato di personalità giuridica ad esso riconducibile abbia provveduto al pagamento tardivo dell’imposta e delle sanzioni amministrative dovute a titolo di IVA, nonostante l’accertamento fiscale sia già intervenuto e si sia provveduto all’esercizio dell’azione penale, al rinvio a giudizio, all’accertamento della rituale instaurazione del contraddittorio in sede di processo e fin tanto che non si è proceduto alla dichiarazione di apertura del dibattimento, in un sistema che non commina a carico del predetto amministratore, rappresentante legale ovvero al loro delegato e concorrente nell’illecito alcuna altra sanzione, neppure a titolo amministrativo;
  • se la nozione di illecito fraudolento disciplinata all’art. 1 della Convenzione PIF vada interpretata nel senso di ritenere incluso nel concetto anche l’ipotesi di omesso, parziale, tardivo versamento dell’imposta sul valore aggiunto e, conseguentemente, se l’art. 2 della convenzione summenzionata imponga allo Stato membro di sanzionare con pene detentive l’omesso, parziale, tardivo versamento dell’IVA per importi superiori a 50.000,00 euro. In caso di risposta negativa, occorre chiedersi se la prescrizione dell’art. 325 TFUE, che obbliga gli Stati membri a comminate sanzioni, anche penali, dissuasive, proporzionate ed efficaci, vada interpretata nel senso che osti ad un assetto normativo nazionale che esenta da responsabilità penale e amministrativa gli amministratori e i rappresentanti legali delle persone giuridiche, ovvero i loro delegati per la funzione e i concorrenti nell’illecito, per l’omesso, parziale, ritardato versamento dell’’IVA in relazione ad importi corrispondenti a 3 o 5 volte le soglie minime stabilite in caso di frode, pari a 50.000,00 euro.

Non resta che aspettare il verdetto dei giudici lussemburghesi.