SCRITTURE REGOLARI. STOP ALL’ACCERTAMENTO

Cassazione Tributaria, sentenza depositata il 4 novembre 2015

In presenza di una contabilità aziendale “ineccepibile” diventa più difficile per l’Ufficio dimostrare l’esistenza di ricavi non dichiarati. È quanto emerge dallasentenza 4 novembre 2015, n. 22465, della Corte di Cassazione – Sezione Tributaria.

La controversia trattata dalla Suprema Corte è scaturita da un avviso di accertamento che rideterminava, in aumento, il reddito imponibile di una Sas in relazione ad un’unica un’annualità d’imposta, sulla base dell’asserita mancata dichiarazione di ricavi; circostanza desunta dall’Ufficio a seguito del ricarico medio ponderato, da applicare al costo delle merci in vendita, quantificato nel 66% contro il 42% dichiarato e applicato dalla contribuente.

I giudici di primo grado e, poi, quelli dell’appello non hanno avallato la pretesa impositiva, con conseguente declaratoria di nullità degli avvisi di accertamento impugnati. Dal che il ricorso per cassazione, che ha avuto anch’esso esito negativo per il fisco.

L’impugnata sentenza della CTR di Bolzano, ad avviso degli ermellini, ha fatto buongoverno dei principi giurisprudenziali in materia di accertamento analitico-induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. 600/1973.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, “nell’accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico – induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 39, primo comma lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. In tali casi, pertanto, è consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti -, maggiori ricavi o minori costi, a esempio determinando il reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente”.

Da questo principio non si è discostata, a giudizio degli ermellini, la CTR di Bolzano, la quale, anche alla luce della disposta consulenza tecnica d’Ufficio, ha potuto escludere la correttezza del metodo utilizzato dai verificatori per determinare il volume d’affari della contribuente. Infatti, per un verso, lo scostamento dei ricavi dichiarati da quelli attribuiti mediante l’applicazione di una differente percentuale di ricarico non è risultata così “straordinariamente consistente” da giustificare l’accertamento per via induttiva, dall’altro lacontabilità ordinaria della contribuente è risultata “formalmente ineccepibile” così come laquella “di magazzino”.

AUTORE: REDAZIONE FISCAL FOCUS