Lo spirito delle modifiche normative, un confronto tra vecchia e rivisitata disciplina e, nel concreto, la recuperabilità dei risultati negativi ai fini delle imposte differite
L’articolo 23, comma 9, del decreto legge 98/2011, ha introdotto un nuovo regime di riporto delle perdite fiscali, ora contenuto nell’articolo 84 del Tuir.
La nuova disposizione
Dalla lettura della “relazione illustrativa” al Dl in argomento, si desume la ratio della norma, principalmente quella di rispondere a un’esigenza di rigore e di semplificazione.
L’intenzione del legislatore, infatti, è stata quella di evitare, da un lato, di costringere le imprese a realizzare operazioni straordinarie allo scopo di ottenere un refresh delle perdite in “scadenza”, operazioni che, di fatto, vanificano la limitazione temporale al riporto, e, dall’altro, di limitare complessi esercizi di valutazione della recuperabilità delle stesse perdite ai fini dell’iscrizione e/o mantenimento delle relative imposte differite durante il processo di formazione del bilancio di esercizio.
La nuova formulazione dell’articolo 84 garantirebbe, inoltre, sempre nei disegni del legislatore, un effetto di stabilizzazione del gettito che, fin dall’anno successivo a quello/i in perdita, verrebbe assicurato in misura percentuale anche in presenza di perdite riportate a nuovo.
In sintesi, la norma prevede, per il riporto delle perdite, l’eliminazione del limite temporale di cinque anni a favore di un riporto temporalmente illimitato, ma introduce un limite quantitativo, cioè le perdite pregresse sono, ora, scomputabili in ragione dell’80% del reddito imponibile. L’eccedenza del 20% può essere scomputata dal reddito degli esercizi successivi, senza alcun limite di tempo.
Confronto nuovo/vecchio articolo 84 del Tuir
Comma 1 (in vigore fino al 5/7/2011)
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Nuovo comma 1
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“La perdita di un periodo d’imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi.” |
“La perdita di un periodo d’imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi in misura non superiore all’ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare. (…)” |
Comma 2
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Nuovo comma 2
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“Le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi senza alcun limite di tempo a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva.” |
“Le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva”. |
Interessati dalla nuova disciplina sono esclusivamente i soggetti Ires previsti all’articolo 73, lettere a), b) e d), del Tuir.
Sono fuori dal regime, invece, i soggetti Irpef in regime di contabilità ordinaria, per i quali continua ad applicarsi il comma 3, dell’articolo 8, del Tuir, e gli enti non commerciali che esercitano attività d’impresa, di cui alla lettera c) dell’articolo 73.
Per quel che concerne la decorrenza del nuovo regime, l’articolo 23, comma 6, del Dl 98/2011 stabilisce che “in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 53/2011, ha sottolineato che “la disposizione contenuta nel comma 9 del citato articolo 23 (…) è applicabile anche alle perdite maturate nei periodi d’imposta anteriori a quello di entrata in vigore delle disposizioni in commento” (cfr articolo “Riporto delle perdite d’impresa, nuove regole solo per l’Ires”, pubblicato su FiscoOggi il 6 dicembre 2011).
Recuperabilità delle perdite ai fini delle imposte differite
La relazione governativa, come anticipato, ha posto l’attenzione sulla complessità di valutazione della recuperabilità delle perdite, relativamente all’iscrizione delle imposte differite. Si considerino, ad esempio, le variazioni in aumento e in diminuzione da apportare all’utile/perdita civilistica, le quali si distinguono, in conseguenza del differente impatto sul bilancio, in quanto le differenze temporanee si traducono, in esercizi successivi, in variazioni fiscali di segno opposto, mentre le differenze permanenti si traducono in rettifiche definitive.
Le differenze temporanee concorrono a determinare la base di calcolo delle imposte anticipate e differite.
Sono originate prevalentemente da differenze tra il risultato prima delle imposte da bilancio civilistico e l’imponibile fiscale, che hanno origine in un esercizio e si annullano in uno o più esercizi successivi. Si tratta di ricavi e costi o di parte di essi che concorrono a formare il reddito fiscale in un periodo d’imposta diverso da quello nel quale concorrono a formare il risultato civilistico.
Le imposte sul reddito hanno la natura di oneri sostenuti dall’impresa nella produzione del reddito.
Per il principio della competenza, nel bilancio sono recepite le imposte che:
- pur essendo di competenza di esercizi futuri, sono esigibili con riferimento all’esercizio in corso (imposte anticipate)
- pur essendo di competenza dell’esercizio, si renderanno esigibili solo in esercizi futuri (imposte differite).
La loro contabilizzazione deriva, appunto, dalle differenze temporanee tra il valore attribuito a una attività o a una passività secondo criteri civilistici e il valore attribuito a quell’attività o a quella passività ai fini fiscali.
La perdita per un periodo d’imposta può essere normalmente portata a diminuzione del reddito imponibile di esercizi futuri.
Il beneficio fiscale potenziale connesso a perdite riportabili, secondo corretti principi contabili, non è iscritto a bilancio fino all’esercizio di realizzazione dello stesso, salvo che sussistano contemporaneamente le seguenti condizioni:
- esiste una ragionevole certezza di ottenere, in futuro, imponibili fiscali che potranno assorbire le perdite riportabili, entro il periodo nel quale le stesse sono deducibili secondo la normativa tributaria
- le perdite in oggetto derivano da circostanze ben identificate ed è ragionevolmente certo che tali circostanze non si ripeteranno.
Soprattutto il punto 2 fa cambiare l’orizzonte valutativo degli amministratori, in ordine all’iscrizione in bilancio, venuto meno il termine temporale del riporto delle perdite e quindi, l’arco temporale “vincolato” dei cinque esercizi.
Se sussistono tali condizioni, “il risparmio fiscale connesso a perdite riportabili sarà quindi iscritto nello stato patrimoniale tra le attività per imposte anticipate (Voce C.II. 4-ter), avendo come contropartita a conto economico un accredito della voce 22 – Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate”.
Secondo il paragrafo H.II. (Perdite fiscali), dell’Oic 25, “un’imposta anticipata derivante da perdite riportabili ai fini fiscali, non contabilizzata in passato in quanto non sussistevano i requisiti per il suo riconoscimento, è iscritta nell’esercizio in cui tali requisiti emergono”.
L’utilizzo delle perdite in Unico SC 2012
La novità “equipara” le perdite ordinarie a quelle realizzate nei primi tre periodi d’imposta. Non vi è un ordine prestabilito nell’utilizzo delle perdite, cioè se siano utilizzabili prima quelle di cui al comma 1 (entro un limite quantitativo) o al comma 2 (senza alcun limite) dell’articolo 84 del Tuir.
Al principio, è stato sostenuto, dalla dottrina, che le imprese avrebbero “consumato” innanzitutto le perdite prodotte nei primi tre periodi d’imposta dalla loro costituzione, le quali consentono l’abbattimento integrale del reddito prodotto. Il criterio di utilizzo prioritario sembrava rispondere, non solo a una regola di convenienza, ma anche a una disciplina contemplata nello stesso articolo 84, nella parte – non modificata dalla norma in esame – in cui si dispone, in via generale (e salve le deroghe espressamente previste) che “la perdita di un periodo […] può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi […] per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi”.
L’Agenzia delle Entrate, in occasione dell’annuale appuntamento con Telefisco, il 25 gennaio scorso, ha sostenuto che “la disposizione non stabilisce alcun ordine di priorità nell’utilizzo qualora il contribuente disponga di perdite pregresse in parte riferibili ai primi tre periodi di imposta, in parte ai successivi”, pertanto, “in assenza di regola al riguardo, si ritiene che il contribuente abbia la facoltà (e non l’obbligo) di utilizzare prioritariamente le perdite relative ai primi tre periodi di imposta potendo, in alternativa, scegliere di impiegare dapprima quelle maturate negli esercizi successivi”.
Nell’esempio n. 1, il contribuente ha un reddito “lordo” pari a 11mila euro, perdite “in misura limitata” (ex articolo 84, comma 1, Tuir) pari a 5mila e perdite “in misura piena” (ex articolo 84, comma 2, Tuir) pari a 6mila euro.
Il limite delle perdite compensabili “in misura limitata” è dato dall’80% di 11mila cioè 8.800 euro, importo, quindi, che risulta essere interamente compensabile rispetto alle perdite “spendibili”.
Nell’esempio n. 2 il reddito “lordo” è sempre pari a 11mila euro. Le perdite “in misura limitata” consistono in 9mila euro e quelle “in misura piena” sono pari a 1.300 euro. Il limite delle perdite compensabili “in misura limitata” è pari all’80% di 11mila, quindi, 8.800. In tal caso, le perdite “a disposizione” non sono interamente utilizzabili rispetto al limite sul reddito “lordo”. Infatti, dei 9mila euro di basket a disposizione, 200 non saranno spendibili, perché superano, appunto, il limite di 8.800 e dovranno essere riportate al periodo d’imposta successivo, per trovare poi compensazione con gli eventuali redditi futuri. L’ammontare a disposizione relativo alle perdite “in misura piena”, pari a 1.300 euro, riduce ulteriormente il reddito imponibile. Nell’esempio proposto, quindi, 247 è l’imposta calcolata sul reddito netto dichiarato pari a 900 (11.000 – 8.800 – 1.300).
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